Superbonus 110%: coordinamento delle attività per la buona riuscita ma da parte di professionisti strutturati

Forse non tutti sanno che per seguire le pratiche relative all’efficientamento e per il Superbonus vengono coinvolte tante e diverse professionalità.

Non solo quelle tecniche, legate alle pratiche edilizie, ma in questo caso anche di tipo fiscale.

Ma, parlando solo di quelle tecniche, alla fine quanti professionisti servono per una pratica di Superbonus 110%?

Intanto dipende dal tipo di lavori che si devono eseguire (se ecobonus o sismabonus o entrambi), dal tipo di cantiere, dal numero di imprese, dalla presenza di vincoli normativi.

Quindi, in linea generale, potemmo dire che non c’è un numero prefissato e ogni caso deve essere valutato singolarmente.

In teoria, poi, potrebbero anche bastarne pochi se dotati delle abilitazioni e di competenze necessarie: potrebbero seguire tutti i lavori, dal progetto (architettonico, termotecnico e strutturale), alle asseverazioni, alla direzione dei lavori, all’accatastamento finale.

Un unico professionista? In teoria potrebbe anche essere. Sicuramente per il Committente ci sarà facilità a relazionarsi per monitorare l’andamento del cantiere e discutere eventuali problematiche. Rimane però tutto il carico progettuale e gli altri compiti, sempre molto complessi, per cui un solo professionista non strutturato sarebbe in grande difficoltà.

In pratica, quindi, il numero di professionisti tecnici che intervengono nelle pratiche, soprattutto se complesse come quelle legate ai bonus fiscali, è molto maggiore.

In alcuni casi se ne potrebbero contare una decina, tra ingegneri, architetti, periti, geometri, suddivisi per specializzazione:

·        Progettazione architettonica

·        Variazioni catastali

·        Progettazione strutturale (sismabonus)

·        Progettazione termotecnica (ecobonus)

·        Progettazione impianto elettrico

·        Coordinamento della sicurezza in fase di progettazione

·        Coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione

·        Direzione dei lavori generale

·        Direzione dei lavori strutturali

·        Collaudo statico

·        Pratica antincendio ove necessaria

Quella di separare i compiti in base alla specializzazione è una prassi che, da un certo punto di vista, offre più garanzie al Committente che, così facendo, si circonda di una squadra di soggetti esperti nelle specifiche materie.

Potremmo pensare ad un’orchestra con tutti i suoi componenti. Ma serve allora che qualcuno coordini tutte queste professionalità per garantire il raggiungimento dell’obiettivo.

Nei cantieri pubblici questa figura è ben individuata ma in ambito privato non c’è alcun obbligo e questo comporta un rischio per il non corretto funzionamento delle attività.

In ambito privato, infatti, i problemi nascono più frequentemente proprio dalla mancanza di coordinamento tra gli operatori. Almeno questo ci è capitato di riscontrare in alcuni cantieri.

Può capitare infatti che un professionista faccia benissimo la sua attività ma, non coordinandosi o comunicando a sufficienza con gli altri, determini empasse progettuali o sovrapposizioni o problemi che non riesce a risolvere o attese per l’intervento di altri.

Di casistiche ce ne potrebbero essere svariate.

Frequenti quelle legate ai computi metrici, soprattutto per il Superbonus, in cui occorre asseverare preventivamente gli importi.

Il caso del ponteggio utilizzato per i lavori è uno di quelli che è capitato di vedere.

Ristrutturazione di un Condominio con lavori antisismici esterni (es. rinforzo dei balconi e il rifacimento del cornicione) e  cappotto termico in facciata (ecobonus).

Il tecnico strutturista inserirà, tra le spese ammesse al beneficio fiscale di sua competenza, anche il ponteggio, necessario per svolgere le opere previste. Ma, se non coordinato con i lavori che deve fare lo strutturista, la stessa cosa farà anche il termotecnico, poiché senza ponteggio non può installare il cappotto.

In assenza di una figura che si occupi del coordinamento delle varie attività progettuali in accordo con il Committente, potrebbe prodursi una duplicazione della spese perché il ponteggio rischia erroneamente di essere portato in detrazione due volte (con il Sismabonus e con l’Ecobonus).

Per queste tipologie di interventi, a maggior ragione se fatte su immobili o costruzioni più importanti, il Coordinatore è una garanzia per il Committente.

Nei cantieri privati non è una figura obbligatoria, ma è fondamentale soprattutto  se ci sono di mezzo i bonus fiscali.

Il coordinatore del progetto, che deve possedere competenze specifiche e trasversali, avrà infatti il compito di supervisionare il lavoro svolto da tutti i soggetti coinvolti e risponderà di questa sua funzione al committente.

Chiaramente i compiti (e i compensi) del coordinatore dovranno essere dettagliati in un apposito disciplinare d’incarico.

 

Decreto Aiuti - uno sguardo anche agli interventi che interessano i nostri Comuni e le Città metropolitane

L’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha sviluppato una nota di lettura sul Decreto Legge n. 50/2022, recante “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi Ucraina” (cd. “Decreto Aiuti”), come convertito nella Legge del 15/07/2022 n. 91ed in vigore dal 16 luglio.

In particolare, come si può leggere, la nota contiene le norme più importanti per i Comuni e le Città metropolitane, specificando le integrazioni e le modifiche intervenute in fase di conversione in legge del Decreto.

Ci sono tanti interventi che, anche se adottati in una situazione di emergenza e di crisi generate dalla Guerra, incentiverebbero la transizione energetica (semplificazioni, comunità energetiche, fonti rinnovabili, interessamento del comparto agricolo, ecc.).

Si ripropongono qui sotto i due documenti.

Decreto Aiuti – uno sguardo anche agli interventi che interessano i nostri Comuni e le Città metropolitane

Conversione Decreto Aiuti

 

Le preoccupazioni dei professionisti ed i consigli per le asseverazioni

La Rete delle Professioni Tecniche ha pubblicato la sua analisi sul nuovo reato legato alle false attestazioni: la rete che riunisce, tra gli altri, architetti, periti, geometri e ingegneri fornisce una piccola guida a beneficio dei tecnici asseveratori. Omissioni punite solo a partire dal 26 febbraio. Valutazioni da farsi sempre su norme tecniche e prassi.

L’inserimento di informazioni false nelle asseverazioni era già rilevante dal punto di vista penale prima del 26/02/2022: “Il riferimento – spiega il documento – è l’articolo 481 del Codice penale che punisce l’esercente un servizio di pubblica necessità che attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.

Il tecnico abilitato, quindi, rispondeva già penalmente per false informazioni, prima del 26 febbraio (anche se la gravità della pena, al tempo, era molto meno severa).

Se però abbiamo delle condotte omissive, anche il vademecum della Rete chiarisce bene che si tratta “a tutti gli effetti una nuova incriminazione, penalmente irrilevante prima del 26 febbraio 2022» ma non dopo. Prima di questa data, allora, le omissioni non erano punite, a meno che non fossero qualificabili come fraudolente perché accompagnate «da ulteriori artifizi o raggiri”.

Il vademecum cita alcuni esempi sugli elementi ai quali dedicare attenzione, per evitare di incorrere nel reato di false attestazioni: dati e misure, qualità degli interventi o degli edifici sui quali vengono eseguiti, tipologia degli interventi, costo complessivo o entità delle spese da sostenere, rispetto delle norme in materia di efficienza energetica e sicurezza, aumento delle classi energetiche. Per il Sismabonus, bisogna fare attenzione alla classificazione sismica dell’edificio e alla classe di rischio.

Una delle questioni più discusse e delicate riguarda il caso, non così remoto, in cui l’attività del professionista comporti delle valutazioni proprie e non solo la certificazione di dati materialmente misurabili.

In questa situazione, viene ripreso un principio indicato dalla Cassazione – Sezioni Unite, n. 22474) secondo il quale, per il reato di false comunicazioni sociali, viene ritenuto rilevante il falso “se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa»”.

La parte finale della Guida fornisce indicazioni sui comportamenti consigliati da tenere. L’indicazione è che, in caso di esposizione di dati oggetto di discrezionalità e valutazione tecnica (quindi non immediatamente misurabili), il professionista deve “applicare le norme tecniche e giuridiche rilevanti in materia, documentandosi di volta in volta su quali siano le buone prassi e le interpretazioni qualificate intervenute sul tema”. In questo modo potrà mettersi al riparo dalle contestazioni che potrebbero essere sollevate.

Si fornisce il link per il decalogo della Rete delle Professioni Tecniche.

Le preoccupazioni dei professionisti ed i consigli per le asseverazioni

Il concetto di Economia Circolare sarà esteso anche alle nuove costruzioni ed agli impianti

Leggiamo in questi giorni che tra qualche anno non potremmo più pensare di acquistare una caldaia a gas.

Tra una quindicina d’anni, più o meno, non potremmo nemmeno più comperare un’auto a benzina o gasolio.

Poi ci sono tutte le riflessioni che ci stanno accompagnando per il maggior costo dell’energia, delle conseguenze di una guerra, delle possibili crisi alimentari, ecc.

Dall’altra parte, come già accennato, gli interventi in Superbonus (ma anche per gli altri bonus edilizi) sono stati un buon tentativo per introdurre un maggior efficientamento del panorama immobiliare, con la speranza che si possa trovare una soluzione ai problemi di inquinamento, per procedere ancora nei prossimi anni e coinvolgere anche le aziende e non solo i privati.

Tutto ci sta portando verso l’adozione di sistemi economici complessivamente più sostenibili ed un’economia circolare. Un nuovo modo di pensare, vivere e produrre.

Una nuova rivoluzione culturale.

Il sistema di circolarità di un bene, prevede che lo stesso terminato in suo utilizzo primario non diventi immondizia o rifiuto ma possa essere scomposto per dare vita ad altri prodotti aumentando così il suo valore intrinseco (Ecoprogettazione).

Ma la circolarità si esprime anche con:

  • Modularità e versatilità: i prodotti devono essere pensati per adattarsi alle condizioni e ai cambiamenti esterni.
  • Energie rinnovabili e sostenibilità delle risorse: i beni devono essere prodotti, riparati, smontati e riusati o riciclati, utilizzando energia da fonti rinnovabili.
  • Approccio Ecosistemico: pensare in modo olistico ovvero considerando le relazioni causa e effetto.
  • Recupero dei materiali: preferire il recupero dei materiali utilizzati piuttosto che ai materiali vergini, ovvero recupero e riciclo delle risorse.

Chiaramente non è tutto così semplice ed immediato ma di esempi ne abbiamo nella realtà già molti: vengono riutilizzati mobili e vestiti e ancora plastica per produrre certi vestiti, carta prodotta con scarti vegetali, telefonini che vengono ricondizionati, cialde caffè organiche, cicli vitali più lunghi per le batterie delle auto elettriche sino ad arrivare all’efficienza energetica.

In quest’ultimo caso si è più propensi a pensare ad un servizio, ovvero delegare ad un azienda esterna tutti gli impegni: dall’investimento iniziale ai costi di manutenzione, dall’adeguamento normativo alla dismissione degli impianti realizzati.

Progetto questo complesso che richiede studio e consulenza adeguati, sin dall’inizio, in un’ottica lungimirante.

In un’economia circolare le aziende coinvolte devono sviluppare un interesse a conservare la proprietà del prodotto mentre l’utente avrà interesse ad acquistare il servizio.

L’utente, infatti, dovrà occuparsi di acquistare il servizio che più si avvicina al suo bisogno (che poi trattandosi di impianti efficienti saranno sempre meno inquinanti e più funzionali) mentre l’azienda che ha venduto quel servizio, ma che resta proprietaria del bene, conterà sul valore dello stesso all’atto della sua dismissione.

Utopia? Non è detto anche perché le tecnologie, i materiali, la conoscenza, ecc. fanno tutti passi da gigante di questi tempi!

Appalti di lavoro: le responsabilità del Committente per la sicurezza in cantiere

Quale ruolo gioca il Committente nel contratto di appalto di opere edilizie?

Ai sensi del Dlgs 2008/81 art. 89, il Committente è il soggetto che commissiona l’intera opera e ai sensi di quanto poi indicato all’articolo 91, lettere a) e b), deve verificare l’idoneità delle imprese che opereranno in cantiere.

Lo stesso tipo di responsabilità rimane in capo all’Amministratore di Condominio che sottoscrive, per conto dello stesso che riveste il ruolo di Committente, un contratto di appalto per lavori da eseguire.

Il Committente è il cardine, il motore della sicurezza in cantiere, non nel senso che egli abbia un ruolo sul piano tecnico ed operativo (non ce l’ha e neanche lo può avere), ma semplicemente nel senso che egli ha (e proprio perché lo ha) il “potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell’appalto” (art. 89 co.1 lett.b).

Il suo compito è creare le condizioni per un cantiere sicuro.

In sintesi dovrà scegliere imprese idonee (art 90 co. 9 lett. a); designerà i coordinatori quando occorre (art 90 co. 3-5) individuandoli tra i soggetti con i requisiti adeguati (art. 98); gestirà i canali informativi e la trasmissione delle informazioni ( art 101); e così via.

Spenderà quanto serve perché sia rispettato il principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile, fisserà tempi contrattuali compatibili con le esigenze di sicurezza e così via.

Nella più recente giurisprudenza il ruolo del Committente viene ricondotto a due regole fondamentali.

Una è quella di scegliere l’affidatario “accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa”; l’altra è quella di “non ingerirsi nella esecuzione dei lavori”.

La prima regola valorizza in maniera definitiva uno dei presupposti più importanti di un cantiere sicuro: l’idoneità del soggetto esecutore.

La seconda attiene ad un diverso profilo, quello per cui il Committente non deve porre in essere “attività di concreta interferenza sul lavoro altrui tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull’esecuzione degli stessi”.

Anche questa è una annotazione significativa, poiché evidenzia proprio la incompatibilità della figura del Committente con qualsiasi ruolo operativo in cantiere, ivi compreso quel ruolo di “super-controllore” e di “sostituto” che negli anni scorsi la Suprema Corte aveva inteso attribuirgli.

Recentemente è però stato chiarito che, una non adeguata scelta delle imprese esecutrici configurano un’ingerenza dei lavori da parte del Committente e conseguentemente una sua diretta responsabilità anche per la sicurezza.

Dall’interpretazione ricevuta, è stato chiarito che è esteso il rischio della gestione del cantiere al Committente quando lo stesso, in particolare:

oltrepassa il ruolo di semplice conferimento delle opere, interferendo nell’organizzazione dei lavori per la loro esecuzione (Cassazione 2731/1990);
rivesta un ruolo di corresponsabile, affiancante quello del Datore di Lavoro e del Direttore dei Lavori, quando impartisca direttive o coordini i lavori o conferisca progetti di opere fonte di pericolo, o quando abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose (Cassazione 8134/1992);
ha un obbligo generale di verifica della situazione antinfortunistica complessiva all’interno del cantiere, anche se il giudice deve verificare, per stabilire la sua responsabilità penale, quale sia stata l’incidenza della sua condotta nella causazione dell’evento, a fonte alla verifica della capacità professionale dell’appaltatore, in presenza di situazioni di pericolo immediatamente percepibili (Cassazione 27296/2016);
la sua responsabilità è posta in collegamento con l’affidamento dell’opera e la sua posizione di garanzia deriva dal suo dovere di sicurezza, per impedire che nell’esecuzione dell’opera si inserisca un soggetto professionalmente inadeguato;
scelga diligentemente l’Appaltatore o del prestatore d’opera a cui affidare i lavori, così come  indicato dall’art. 90 ed è così responsabile civilisticamente anche verso i terzi, se sceglie un appaltatore inidoneo (Cassazione 1234/2016).

La Cassazione ha ricordato che il Dlgs 81/2008 pone a carico del Committente proprio l’obbligo di scegliere adeguatamente l’impresa, verificando che la stessa sia iscritta alla CCIAA, sia dotata del documento di valutazione dei rischi e non sia destinataria di provvedimenti interdittivi o sospensivi, previsti dall’articolo 14.

Se la scelta dell’impresa non avviene secondo tali criteri, il Committente assume però gli oneri di garante della sicurezza, in quanto l’assenza del conferimento dell’incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto adeguato non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti alle opere, i quali devono essere comunque garantiti.

La cattiva scelta dell’esecutore si trasforma così in ingerenza nei lavori, in quanto li rende insicuri, e comporta, per il Committente, l’assunzione della posizione di garanzia.

Il committente ha anche l’obbligo di curare che tutti i lavori, i quali non si svolgano contestualmente, siano affidati ad un soggetto determinato e che ne curi l’esecuzione.

Pertanto, ogni opera che sia svolta al di fuori dell’incarico conferito costituisce, per il Committente, un’ingerenza nei lavori, con la conseguente assunzione diretta della posizione di garanzia in relazione ai rischi collegati all’attività.

In merito poi al rapporto tra il Committente ed il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE), è escluso che il primo possa/debba ingerirsi nell’operato del secondo e quindi che possa/debba occuparsi del merito tecnico delle questioni: lo vietano non solo la mancanza di competenza, ma anche “il sistema normativo complessivo”.

Il Committente deve controllare che il documento (PSC) vi sia, che sia stato redatto, e che non sia evidentemente inadeguato (ad esempio, perché non riguarda quello specifico cantiere)

Verificherà che il CSE si sia recato in cantiere e non lo abbia abbandonato ma, non potrà richiedere al Committente di valutare le scelte del Coordinatore e contestargli contenuto e qualità delle scelte.

Ancora non si può pretendere dal Committente un controllo sulla applicazione in cantiere delle regole di sicurezza: nessuna norma prevede.

Debutto in fattura elettronica dell’indicazione del CCNL settore edile applicato per accedere ai Bonus

Sta dunque per partire l’obbligo di indicazione, in fattura e negli atti di affidamento per cantieri superiori a 70.000 euro, del contratto di lavoro dell’edilizia applicato dall’impresa.

In mancanza le conseguenze sono pesanti: la perdita dei bonus.

Novità assoluta nel settore delle agevolazioni e ancora una volta molti dubbi.

L’obbligo acquista efficacia dal 27 maggio 2022 e si applica ai lavori edili avviati successivamente a tale data. Già qui un primo passaggio delicato: “successivamente” lascerebbe intendere che la novità parta dal 28 maggio. Molti addetti ai lavori consigliano di ottemperare alle nuove indicazioni già per i lavori avviati dal 27 maggio.

A seguito della conversione del decreto Taglia prezzi (Dl 21/2022), l’ambito applicativo sarà poi più ampio rispetto a quanto doveva essere all’inizio: riguarderà, infatti, tutti i casi in cui ci siano opere (edili e non edili) il cui importo “risulti complessivamente superiore a 70mila euro” e non solo opere edili.

Nel caso standard, ad esempio, di una ristrutturazione con opere edili per 60mila euro, cambio serramenti per 15mila e idraulica per 10mila euro ricadrà nel nuovo obbligo. L’indicazione in fatture e affidamenti del contratto nazionale riguarderà però soltanto le imprese edili presenti.

Si delinea oltretutto una procedura parallela per le imprese in cantiere: l’azienda che effettua lavori edili deve applicare ed indicare uno dei contratti dell’edilizia. Mentre chi effettua lavori non edili, anche nell’ambito dello stesso cantiere, non ha questo obbligo. Così se per esempio l’appaltatore per la realizzazione di un impianto applica il contratto metalmeccanico non deve indicare nulla, ma nel caso in cui si subappalti opere edili, solo per questa parte di lavori scatterà l’obbligo di indicazione del contratto edile.

Poi ci sono casi frequenti come quelli affrontati dalla CNCE nella Faq del 3 maggio scorso: montaggio di serramenti dall’impresa edile o subappaltato ad impresa non edile.

Infatti l’installazione degli infissi può essere considerata attività edile se affidata ad un’impresa edile ma se viene affidata fornitura e posa in opera ad un’impresa che applica un contratto diverso, come accade spesso per attività con imprese metalmeccaniche, tali opere non rileveranno ai fini dei lavori edili.

I contratti collettivi nazionali e territoriali del settore edile stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sono sostanzialmente tre: quello firmato da Ance, Alleanza delle cooperative (LegaCoop, Confcooperative, Agci) e sindacati di settore (Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil); quello firmato dalle associazioni artigiane (Anaepa Confartigianato, Cna costruzioni, Casartigiani, Claai) e dai sindacati di settore; quello della piccola e media industria firmato da Confapi Aniem e sindacati di settore.

I committenti possono sempre fare una verifica sull’iscrizione dell’impresa alla Cassa Edile: richiesta del DURC che ne attesta la regolarità contributiva e per loro è rilasciato proprio dalla Cassa, oppure tramite il codice di iscrizione dell’impresa, contattando la Cassa Edile della provincia in cui è ubicato il cantiere.

L’indicazione del contratto di lavoro è obbligatoria per alcuni bonus ma non per tutti: per superbonus, il bonus facciate e bonus del 75% per l’abbattimento delle barriere architettoniche è necessaria sia in caso di cessione o sconto in fattura, sia in caso di utilizzo in dichiarazione dei redditi.

Per gli altri bonus edilizi ordinari cedibili, invece, serve solo in caso di cessione o sconto. Perciò, ad esempio, chi spende per dei lavori che poi porta in detrazione al 50% in dieci rate, non ha bisogno dell’indicazione del ccnl applicato dall’impresa edile.

Per il caso dei bonus giardini e bonus mobili, per i quali l’indicazione del contratto è prevista, le casistiche paiono però limitate (sbancamenti, realizzazione vialetti e per importi che devono comunque superare i 70.000 euro).

Se in cantiere operano anche artigiani e professionisti, l’obbligo di citazione del contratto di lavoro non può riguardare chi di loro non ha dipendenti.

Idem per le società senza lavoratori subordinati, come ad esempio una Snc con soli soci prestatori d’opera.

Le parcelle dei professionisti sono inoltre escluse dal computo dei 70mila euro, non potendosi trattare come “opere”.

Per l’avvio dell’obbligo la normativa parla della data di affidamento dei lavori e la data chiave è generalmente quella di avvio dei lavori (si riterrebbe la data indicata nella pratica edilizia).

Un caso però che potrebbe presentarsi, e non raramente, è quello di chi inizia i lavori convinto di stare sotto il limite dei 70.000 euro e poi invece li supera, a causa di una variante, cambio materiali o variazione di prezzo.

Al momento non è possibile capire come si potrà procedere: integrare l’atto di affidamento va bene ma per le fatture già emesse e magari anche saldate? Il consiglio che viene dato è quello di indicare già e sempre il ccnl dell’impresa che opererà in cantiere.

Passiamo poi alla parte più pratica: come riportare tale informazione nel tracciato Xml delle fatture elettroniche?

La normativa, poi, non stabilisce una dicitura vincolante, ma chiede di indicare “che i lavori edili siano eseguiti da datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Così, il fornitore obbligato all’utilizzo della fatturazione elettronica sarà chiamato ad inserire, all’interno del tracciato Xml, le informazioni sul contratto di lavoro dell’edilizia, nazionale o territoriale, stipulato con le sigle maggiormente rappresentative. Si andrà ad utilizzare il blocco informativo “Altri dati gestionali”.

Ma, se il fornitore è un soggetto aderente al regime forfettario escluso dall’obbligo – perché rientrante sino al 30 giugno 2022 tra gli esonerati oppure, successivamente, perché ha dichiarato compensi o ricavi nel 2021 sotto la soglia dei 25mila euro – il cliente riceverà una fattura cartacea o in Pdf, o comunque non strutturata attraverso il Sistema di interscambio (Sdi), la quale dovrà comunque riportare le informazioni. Sono ancora esclusi i forfettari quali aziende senza dipendenti e quindi senza obbligo di dichiarazione del ccnl applicato.

Una fattura mancante dei dati relativi al contratto di lavoro non può di fatto essere rifiutata dal destinatario del documento ricevuto tramite Sdi.

Stante le disposizioni vigenti, non appare facilmente percorribile la prima soluzione che prevede l’emissione di una nota di variazione Iva attraverso Sdi da parte del fornitore, con riemissione del documento integrato. Le rettifiche, infatti, possono riguardare il regime Iva e l’aliquota, oltre che gli altri elementi obbligatori ai sensi dell’articolo 21, del Dpr 633/1972. Ma la nuova indicazione del ccnl non rientra in queste fattispecie.

Da qualche parte si propone invece, sebbene l’indicazione non risieda nella fattura, ad un meccanismo di integrazione del documento, da inviare in conservazione unitamente al tracciato Xml ricevuto, con indicazione del contratto di lavoro edile applicabile, analogamente a quanto solitamente accade per le spese agevolate o finanziate.

Però questa soluzione è fattibile quando il destinatario è un’impresa.

I bonus edilizi però sono applicati soprattutto a privati: questa soluzione per un cliente consumatore finale appare poco percorribile, a meno che l’adempimento non venga realizzato tramite un professionista che lo assiste.

BONUS EDILIZI: PORTALE ENEA 2022 E’ ATTIVO ON LINE

Enea ha comunicato l’aggiornamento della piattaforma per l’invio della documentazione necessaria per la fruizione delle detrazioni fiscali per tutti gli ecobonus.

La principale novità è che per il 2022 il portale dedicato alle detrazioni fiscali Ecobonus 2022 (art. 14 del D.L. n. 63/2013) e Bonus Casa 2022 (art. 16 bis del D.P.R. n. 917/86) avranno un unico link:

http://bonusfiscali.enea.it

Il termine di 90 giorni per la trasmissione dei dati ad ENEA per gli interventi con data di fine lavori compresa tra il 01 gennaio 2022 e il 31 marzo 2022 decorrerà pertanto e come dichiarato da Enea dal 1 aprile 2022.

Il nuovo portale consentirà l’invio della documentazione relativa agli interventi:

– risparmio energetico e utilizzo di fonti rinnovabili (ex art.16 bis del DPR 917/86) che usufruiscono delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie;
– accedono alle detrazioni fiscali per riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente con incentivi del 50%, 65%, 70%, 75%, 80% e 85%.

Al portale è consentito l’accesso solo con autenticazione tramite:

– SPID, il sistema di accesso che consente di utilizzare, con un’identità digitale unica, i servizi online della Pubblica Amministrazione e dei privati accreditati;

– CIE (Carta di Identità Elettronica), lo schema di identificazione che consente l’accesso ai servizi digitali erogati in rete di pubbliche amministrazioni e privati, mediante l’impiego della CIE, come previsto dall’art. 64 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

La trasmissione della documentazione all’Enea deve essere effettuata entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Per “data di fine lavori” si può considerare la dichiarazione di fine lavori a cura del direttore dei lavori, se prevista, la data della dichiarazione di conformità, quando prevista.

Per gli elettrodomestici si può considerare la data del bonifico o di altro documento di acquisto ammesso.

Nel caso di interventi riconosciuti in edilizia libera e per i quali non è prevista alcuna abilitazione amministrativa, la data di fine lavori va dimostrata mediante una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che deve contenere le seguenti informazioni: i dati anagrafici del contribuente (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza); la dichiarazione di consapevolezza sulle sanzioni previste e sulla decadenza dei benefici ai sensi degli artt. 75 e del DPR n. 445/2000 in caso di false dichiarazioni; gli estremi catastali dell’immobile (foglio, particella, subalterno e categoria); la data di inizio dei lavori; una dichiarazione che gli interventi rientrano tra quelli previsti per la fruizione della detrazione fiscale.

Tale dichiarazione va poi firmata e conservata, senza alcuna necessità di presentarla all’Agenzia delle Entrate, che potrà sempre richiederla successivamente.

Superbonus 110%: come fare se uno dei proprietari non vuole saperne?

Torniamo nuovamente a parlare di queste situazioni, prendendo spunto da cosa dicono gli esperti per le casistiche che si sono trovati ad affrontare sino ad ora.

Infatti, a quanti sarà successo che uno dei “vicini” non interessi il Superbonus, la ristrutturazione,  ecc., finendo per non far partire alcun lavoro o, peggio, mettendo in blocco i lavori in essere, anche quelli di semplice manutenzione.

Ci si interroga su cosa si possa fare per intervenire.

Sono diverse e disparate le situazioni in cui uno dei condomini non dimostri alcun interesse ad eseguire i lavori.

Spesso l’intervento in Superbonus abbatte quasi tutti i costi di effìcientamento energetico e ristrutturazione ma non tutti hanno voglia di rischiare. Ad oggi elementi che destano preoccupazione oltretutto ce ne sono, basti pensare ai prezzi, che aumentano di continuo, ai tempi legati ai lavori, alle normative, ecc.

Il problema poi si pone in particolar modo non per i grandi Condomini, dove vince la maggioranza ma nelle situazioni in cui i soggetti coinvolti sono pochi e magari due su quattro, o uno su due, ovvero in tutti i casi in cui, con i millesimi di loro competenza, impediscono la formazione della maggioranza, determinando così una situazione di blocco nella gestione del minicondominio.

Pensiamo alle situazioni delle bifamiliari o a casi simili in cui le quote di ciascuno dei condomini risultano coincidenti e non è presente un regolamento per prendere le decisioni.

Se in necessità di intervenire con lavori di manutenzione, la soluzione “ufficiale” sarebbe quella di rivolgersi al giudice. L’altro condomino, comproprietario insieme al primo delle parti comuni, potrebbe richiamare infatti le tutele previste dall’art. 1105 del Codice Civile “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria”.

Solo che le tempistiche di risposta non sono assolutamente compatibili con quelle dei bonus fiscali che per i Condomini prevedono che i pagamenti vengano fatti entro il 31/12/2023 per fruire del 110% e, per gli anni successivi, un decremento dell’agevolazione sino ad arrivare al 31/12/2025.

Ma, si può fare qualcosa?
Cosa accade se ci procede lo stesso?

Alcuni professionisti hanno cercato di fare delle previsioni.

Se abbiamo un’unità immobiliare funzionalmente indipendente e con accesso autonomo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che si può procedere con gli interventi di Superbonus. Dal punto di vista civilistico, qualora l’altro proprietario sia stato correttamente informato e non ci siano state obiezioni fondate, ulteriori spazi per successive contestazioni sembrerebbero essere minimi.

Se gli interventi riguardano invece le parti strutturali, anche appartenenti alla categoria della manutenzione straordinaria e degli interventi locali, il discorso si complica.

Ma, i lavori di manutenzione delle parti strutturali sono possibili se l’altro proprietario non li autorizza? Dipende.
Chi si sta occupando delle detrazioni dei bonus edilizi, anche per quelli legati a lavori antisismici, sa che devono essere sempre riferiti all’unità strutturale, nell’ambito di un progetto unitario. Concetto chiarito dalla Commissione di Monitoraggio del Sismabonus con parere Prot. n. 8047 del 21/10/2020 “Ai fini dell’applicazione del “Sismabonus” o del “Super sismabonus” più che all’unità funzionalmente indipendente bisogna fare riferimento all’unità strutturale (US) chiaramente individuabile secondo le NTC 2018”.
Così, se i lavori riguardano un’unità strutturale che comprende due o più alloggi di diversi proprietari, sarà necessario prendere in esame l’intero palazzo (progetto unitario) con rilievi geometrici e materici (spessore muri, orditure solai, carichi e sovraccarichi) anche delle unità immobiliari non oggetto di interventi, con il fine di dimostrare che le opere da compiersi per volontà dell’uno non “peggiorino”, ma anzi migliorino, le strutture complessive, che sono di tutti.

Così stabilisce infatti l’art. 1102 del Codice Civile, ai sensi del quale “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”

Se c’è una reale esigenza, è consentito a uno dei condomini apportare “modificazioni” alle parti strutturali, purché non ne venga alterata la destinazione e non vengano lesi i diritti (presenti e futuri) degli altri comproprietari. È su questi aspetti che bisogna fare attenzione perché il concetto di “destinazione” non è astratto, bensì è legato alla “consistenza materiale” dei beni (in tal senso Cass. Civile 26 maggio 2006 n. 12654).

Se gli interventi sfociano poi in “innovazioni”, bisogna tener conto dell’articolo 1120 del Codice Civile, in base al quale “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.

È una materia complessa, che può generare opinioni diverse.

Ecco alcuni esempi concreti

Condomini orizzontali (le villette a schiera)
La Commissione di Monitoraggio, con parere prot. n. 7035 del 13 luglio 2021, ha introdotto una deroga alla regola generale del “progetto unitario” e dell’unità strutturale di cui si parlava sopra. Tale deroga riguarda le “villette a schiera”, con riferimento alle quali è stato specificato che “a maggior chiarimento del parere del 21/10/2020, rientrano tra gli interventi agevolabili anche gli “interventi di riparazione o locali” realizzati su una villetta a schiera.”

Questo principio è stato poi più volte richiamato dall’Agenzia delle Entrate in risposta a diversi interpelli.

Ne deriva quindi che nei Condomini a sviluppo orizzontale, laddove non sia possibile eseguire un intervento complessivo di ristrutturazione o di manutenzione, il singolo proprietario di una unità immobiliare potrebbe – tecnicamente e fiscalmente – eseguire opere sulla “sua parte” di struttura. Ad esempio potrebbe rifare il tetto, aprire porte e finestre, realizzare sottofondazioni, poiché questa tipologia di lavori rientrano tra gli interventi locali.

La norma è chiara: trattandosi di edifici a sviluppo orizzontale gli interventi eseguiti su una porzione di struttura, se di modesta entità, difficilmente avranno ripercussioni sulla struttura complessiva. Dal punto di vista civilistico, però, va prestata attenzione al decoro dello stabile, che è anch’esso un bene comune e che non va mai alterato senza il consenso dell’assemblea.

Condomini a sviluppo verticale (le palazzine)
Il caso dei Condomini a sviluppo verticale è diverso. Non ci sono deroghe espresse dalla Commissione e, inevitabilmente, il lavoro del progettista dovrà prendere in esame l’intera struttura, da cielo a terra, più o meno approfonditamente a seconda della natura degli interventi che si vogliono fare. Esempio classico: edificio composto da due unità immobiliari sovrapposte con quote di proprietà al 50%.

Il proprietario all’ultimo piano, può “rifare il tetto” fruendo del sismabonus (ordinario o potenziato), se il condomino del piano terra non partecipa o addirittura si oppone all’iniziativa?

Occorre prestare molta attenzione.

Di fronte a questa iniziativa dovrà invitarlo ad esprimersi in ogni modo possibile, si spera in maniera bonaria, poi al limite con diffida legale e, se i tempi lo consentono, anche ricorrendo all’istituto della mediazione civile.

Se l’intervento riguarda la modifica di parti strutturali (ad esempio l’orditura secondaria, rifacimento dei cornicioni, sostituzione travi, ecc.), la risposta è tendenzialmente affermativa. Però difficile generalizzare ma, se si tratta di modifiche parziali che non mutano la destinazione della cosa e non alterano il decoro, occorre attenersi al perimetro definito dall’art. 1102 del Codice Civile.

Se invece si volesse “sostituire” l’intera copertura e fare qualche miglioria come ad esempio introducendo un cordolo per una maggiore sicurezza e per una fruire in misura più soddisfacente della soffitta, seguendo le indicazioni del proprio professionista basate anche sulle deroghe introdotte dall’art 33-bis della L. 108/2021 in base al quale il cordolo antisismico “non fa altezza”, le cose si complicherebbero. Anche se una manutenzione straordinaria e pur essendo opere ascrivibili alla categoria degli interventi locali, il proprietario “silente” (o chi per lui) un domani potrebbe contestare l’illegittima trasformazione (innovazione) di una parte comune (Cass. civ. sez. II, 8 gennaio 2021, n. 97), con conseguenze non solo sul piano civile (richiesta danni o riduzione in pristino delle opere realizzate), ma anche di legittimità del titolo edilizio che ha aperto la strada ai bonus fiscali.

Caso in cui la logica non segue i principi del diritto: anche rifacendo il tetto a proprie spese e migliorandolo rispetto a come era prima si può incorrere in problemi.

Condomini “misti” (gli aggregati edilizi)
Un condominio può essere definito “misto” quando non è né a sviluppo orizzontale e né a sviluppo verticale, ma ha entrambe le caratteristiche. Ci sono palazzi nei centri storici fatti in questo modo, in cui i frazionamenti e accorpamenti successivi fatti nelle varie unità immobiliari determinano spesso “compenetrazioni” di stanze all’interno della sagoma degli appartamenti circostanti.

La Commissione di Monitoraggio, con parere num. 4/2021 ha spiegato che “la messa in atto di interventi locali, se ben realizzati, consente di raggiungere, senza dover espletare la verifica sismica complessiva dell’intero aggregato o delle singole Unità Strutturali in cui occorrerebbe tener conto anche delle interazioni con le unità strutturali adiacenti, una riduzione del rischio sismico”.

Quindi, anche in questa situazione il singolo condomino potrebbe eseguire” interventi locali” che, per loro natura e ai sensi delle Norme Tecniche delle Costruzioni, richiedono verifiche localizzate solo nella porzione di struttura che si vuole modificare, senza necessità di coinvolgere gli altri proprietari.

Se quindi si tratta di modifiche interne (rifacimento di solai di interpiano, apertura di porte, etc) non ci sono problemi, né tecnici né civilistici.

Se invece torniamo all’intervento sul tetto, o per modifiche alla facciata, ovvero lavori che riguardano parti comuni “sensibili”, la possibilità di eseguire interventi locali ammessi al Superbonus, come chiarito dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non deve illudere, poiché occorre tener conto dei diritti degli altri condomini.

 

Obblighi e sanzioni per i tecnici per i bonus edilizi

I professionisti coinvolti nelle attività del settore edilizio, come ad esempio gli attestatori, sono fondamentali per la determinazione dei diritti di detrazione che possono poi trasformarsi in crediti negoziabili e gestibili dai circuiti creditizi.

Il legislatore, con il DL 13 del 2022, è intervenuto cercando in qualche modo di contrastare le frodi nel settore dei bonus edili e Superbonus 110%, con misure punitive e potenziando i meccanismi di “recupero” dei profitti illeciti.

È stato anche ampliato l’ambito applicativo di alcune fattispecie penali, aggravando il trattamento sanzionatorio a carico dei soggetti privati chiamati a svolgere funzioni di attestatori nei procedimenti di concessione dei bonus edili e superbonus 110%.

Il DL 13/2022 – confluito nel DL Sostegni ter del 17/03/2022 in via di approvazione definitiva – ha inasprito la sanzione penale, prevedendo l’inserimento del comma 13-bis. per cui, qualora nelle asseverazioni rilasciate per fruire delle agevolazioni vengano esposte informazioni false anche in merito alla congruità delle spese, siano omesse informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso, il tecnico abilitato è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. La pena è aumentata se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri.

Nel caso dei bonus edilizi e Superbonus il legislatore ha ritenuto di applicare un trattamento particolarmente severo, prendendo spunto da quanto contenuto nell’articolo 236-bis del Regio decreto 267 del 1942 che punisce, con le stesse sanzioni, il professionista che predispone relazioni o attestazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti per ammettere l’imprenditore in crisi alle diverse procedure alternative al fallimento.

Per gli asseveratori, comunque, le sanzioni penali non costituiscono un evento straordinario soprattutto da quando, per semplificare i rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, si è demandato ai privati (che assumono il ruolo di esercenti di servizio di pubblica necessità a norma dell’articolo 359 Codice penale ed ai fini di quanto prevedono le disposizioni che fanno riferimento a tale qualifica), l’accertamento dei fatti dai quali dipende l’esercizio di facoltà e diritti dipendenti esclusivamente dalla presenza di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale. L’articolo 29 del Dpr 380 del 2001 (Tu edilizia), ad esempio, ha previsto che risponde del reato di cui all’articolo 481 Codice penale il soggetto che attesta falsamente che le opere realizzate rientrano tra quelle che, a norma dell’articolo 23 del Tu, possono essere eseguite solo dietro presentazione di segnalazione certificata di inizio attività.

Esclusi dalla nuova previsione sono, invece, i soggetti come i commercialisti e non solo, abilitati a rilasciare, i visti di conformità per la documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione. Comunque anche se non richiamati in questa norma, in caso di falsa certificazione, potranno essere chiamati a rispondere a titolo di dichiarazione fraudolenta ex articolo 3 Dlgs 74 del 2000 (punita da 1 anno e sei mesi a 6 anni) in quanto l’apposizione di un visto mendace, come riconosciuto recentemente dalla Cassazione con la sentenza n. 19672 del 2019, costituisce un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria.

Infine, rischia l’accusa di falsa fatturazione, disciplinata dall’articolo 8 del Dlgs 74/2000, anche il professionista del fisco che comunica alla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate un credito d’imposta fittizio.

In sintesi di riportano le novità.

 

I PROFESSIONISTI ASSEVERATORI

Come cambiano

La sanzione

Il DL Sostegni ter ha inasprito le sanzioni per gli asseveratori nei procedimenti sui bonus edilizi: in caso di falso la norma prevede ora la reclusione da 2 a 5 anni e il pagamento di una multa che va dai 50mila ai 100mila, aumentata se si trae profitto per sé o per altri.

Le fattispecie

Obiettivo per la congruità delle spese, l’omissione di informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto o sulla sua effettiva realizzazione

Falsità ideologica

L’attestazione

Sanzioni erano già previste per il professionista che firma attestazioni ritenute false. In particolare l’articolo 481 del Codice penale dispone la reclusione fino a un anno e la multa da 51 a 516 euro in caso di falsità ideologica negli atti.

L’Ape
Sempre in tema di edilizia, incorre in questo reato il professionista che attesta una classe di efficienza energetica inesistente nell’Ape (attestato di prestazione energetica) di un immobile.

Le comunicazioni telematiche

Piattaforma dell’Agenzia delle Entrate

Il professionista che inserisce nella piattaforma dell’Agenzia documenti attestanti crediti d’imposta fittizi, risponde del reato di falsa fatturazione (articolo 8 del Dlgs 74/2000). Si rischia una condanna da quattro a otto anni.

La Scia

Si rischia la reclusione fino a un anno e una multa fino a 516 euro per chi attesta falsamente il possesso di requisiti e presupposti richiesti dalla legge per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.

 

I COMMERCIALISTI

Il visto di asseverazione per i bonus

In caso di visto di conformità con falsa documentazione i professionisti potranno rispondere a titolo di dichiarazione fraudolenta (articolo 3 del DL 74/2000) punita con la reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni.

I concordati preventivi

Per le false attestazioni in questi procedimenti i professionisti sono puniti con la reclusione da 2 a 5 anni e con una sanzione da 50.000 a 100.000 euro in base all’articolo 236-bis della legge fallimentare.

Novità

Con l’adozione del DL Anti Frode anche per commercialisti, consulenti del lavoro e tutti gli altri professionisti in grado di rilasciare il visto di congruità per i bonus casa, crescono gli oneri. Tutti questi soggetti dovranno infatti controllare che nell’affidamento lavori e nelle fatture delle imprese esecutrici sia indicata l’applicazione del Ccnl di settore, pena la perdita delle detrazioni.

L’obbligo è valido per il Superbonus e la cessione del credito e lo sconto in fattura su tutti i bonus: bonus mobili, bonus facciate e giardini, lavori anti barriere architettoniche e tax credit per gli ambienti di lavoro. L’obiettivo è quello di contrastare il ricorso al lavoro irregolare in edilizia.

I nuovi oneri scatteranno solo per i lavori affidati dopo il 27 maggio (90 giorni dopo l’entrata in vigore del decreto) e per cantieri di importo superiore ai 70.000 euro. A controllare saranno L’Agenzia delle Entrate e l’Ispettorato del Lavoro.

Per il professionista che ometterà queste verifiche non sono previste sanzioni, ma resta la responsabilità connessa alla perdita dei bonus.