Superbonus 110% – 4 sistemi di controllo per poter usufruire delle agevolazioni

Un quarto sistema di controllo si aggiunge per la verifica della congruità relativa all’incidenza della manodopera utilizzata nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.

In questo modo sono 4 i livelli di controllo per il Superbonus 110% al fine di poter godere delle detrazioni fiscali.

In particolare:

– controllo Enea, ai sensi del Decreto MISE 6 agosto 2020 – “Requisiti delle asseverazioni per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici – cd. Ecobonus” (Decreto Asseverazioni);

– controllo Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 122-bis del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) che ha previsto le misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti e il rafforzamento dei controlli preventivi;

– controllo dello Sportello Unico Edilizia, relativamente alla veridicità dei contenuti della CILAS o del titolo edilizio eventualmente presentato;

– controllo del nuovo Comitato per il monitoraggio del sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nei lavori edili, istituito dal Decreto Direttoriale del Ministero del Lavoro 15 aprile 2022, n. 17 ai sensi del Decreto 25/06/2021 n. 143.

Sintetizziamo le 4 tipologie di verifica.

Enea i controlli

Il Decreto Asseverazioni, per consentire ai beneficiari di accedere alla detrazione diretta o alle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito), prevede il controllo automatico da parte di Enea tramite la piattaforma informatica dedicata.

In particolare, per ogni istanza inserita in piattaforma, Enea verifica che sia fornita dichiarazione, ovvero che:

il beneficiario dell’agevolazione rientri tra quelli previsti dal comma 9 dell’art. 119 del Decreto rilancio e che siano rispettate le condizioni di cui al comma 10 del medesimo articolo;
per tutti gli interventi oggetto dell’asseverazione, che i dati tecnici dichiarati nella scheda di cui all’allegato D del decreto requisiti ecobonus garantiscano:
la rispondenza degli interventi ai requisiti di cui al medesimo Decreto;
che la tipologia di edificio rientri tra quelli agevolabili ai sensi dell’art. 119 del decreto rilancio;
– per gli eventuali ulteriori interventi di cui all’art. 14 dal DL n. 63 del 2013, diversi da quelli di cui alla lettera a) e b), siano rispettate le condizioni di cui al comma 2 dell’art. 119 del decreto rilancio;

– congruità degli stessi interventi al rispetto dei costi specifici di cui all’art. 3, comma 2 del decreto requisiti ecobonus;

– l’asseverazione sia regolarmente datata, sottoscritta e timbrata dal tecnico abilitato;

– nell’asseverazione sia presente il richiamo agli articoli 47, 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

– il tecnico abilitato, con la quale lo stesso dichiara di voler ricevere ogni comunicazione con valore legale, anche ai fini della contestazione;

– alla data di presentazione dell’asseverazione, il massimale della polizza di assicurazione è adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette asseverazioni o attestazioni e, comunque, non inferiore a 500 mila euro (così come indicato dal Decreto Sostegni-ter che ha corretto la formulazione dell’art. 119, comma 14 del decreto rilancio);

– per la polizza di assicurazione, siano riportati la società assicuratrice, il numero della polizza, l’importo complessivo assicurato, la disponibilità residua della copertura assicurativa, che deve essere maggiore o uguale all’importo dell’intervento asseverato.

Se l’asseverazione si riferisce ad uno stato di avanzamento delle opere per la loro realizzazione, ai fini della verifica di cui alle lettere b), c), d), g), è acquisita dichiarazione del tecnico abilitato che asseveri il rispetto dei requisiti secondo quanto indicato dal progetto, degli APE preliminari e dalle caratteristiche tecniche dei componenti acquistati, come evidenziato anche dalle attestazioni/schede tecniche fornite dai produttori e dalle fatture allegate.

L’art. 5 del Decreto Asseverazioni prevede, oltre ai controlli di tipo documentale, dei controlli a campione sulla regolarità dell’asseverazione. Saranno sottoposte a controllo un minimo del 5% delle asseverazioni annualmente presentate. Il programma specifica che le istanze da sottoporre a controllo documentale e a controllo in situ, non saranno inferiori al 10% delle istanze complessivamente sottoposte a controllo, secondo le procedure di cui al citato decreto del Ministro dello sviluppo economico dell’11 maggio 2018.

Le risultanze dei controlli effettuati ai sensi del programma di cui al comma 2 sono trasmesse da ENEA alla Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica del Ministero dello sviluppo economico con cadenza bimestrale, anche al fine di avviare gli eventuali procedimenti sanzionatori.

Agenzia delle Entrate i controlli

L’Agenzia delle Entrate procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione nei termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Se dovesse essere accertata la mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l’opzione, maggiorato degli interessi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e delle sanzioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

Il recupero dell’importo della detrazione non spettante è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario fermo restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all’applicazione dell’articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi.

L’art. 122-bis del Decreto Rilancio ha, inoltre, previsto le misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti e il rafforzamento dei controlli preventivi. Infatti per effetto del controllo, l’Agenzia delle Entrate, entro 5 giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, può sospendere, per un periodo non superiore a 30gg, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate alla stessa Agenzia che presentano profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo. I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia dei crediti ceduti e riferiti:

– alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al presente comma con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;

– ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni a cui detti crediti sono correlati, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;

– ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni.

Se il controllo conferma i profili di rischio, la comunicazione si considererà non effettuata e l’esito del controllo sarà comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione. Se, invece, i rischi non risultano confermati, ovvero decorso il periodo di sospensione degli effetti della comunicazione, la comunicazione produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento.

L’agenzia delle Entrate procederà in ogni caso al controllo nei termini di legge di tutti i crediti relativi alle cessioni per le quali la comunicazione si considera non avvenuta.

Sportello Unico per l’Edilizia (SUE) i controlli

Il controllo effettuato dallo Sportello Unico dell’Edilizia si collegano con l’art. 119, commi 13-ter e 13-quater del Decreto Rilancio oltre che con l’art. 49 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Per gli interventi di Superbonus che non prevedono demolizioni e ricostruzioni è prevista la presentazione della cosiddetta CILAS (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata per il Superbonus). In questo caso è compito del SUE verificare la attendibilità dei dati della CILAS e l’effettiva realizzazione degli interventi.

Nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione, il SUE verifica il titolo edilizio e l’eventuale presenza di abusi che farebbero decadere il beneficio fiscale ai sensi dell’art. 49 del Testo Unico Edilizia.

Comitato per la congruità della manodopera i controlli

Con il DM n. 143 del 25 giugno 2021 è stato previsto un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili, in attuazione di quanto previsto dall’Accordo collettivo del 10 settembre 2020, sottoscritto dalle organizzazioni più rappresentative per il settore edile, e della relativa tabella recante gli indici di congruità.

Per la verifica della congruità ci si riferisce all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.

Per i lavori privati, queste disposizioni:

– si applicano esclusivamente alle opere il cui valore risulti complessivamente di importo pari o superiore ad euro 70.000 euro;

– non si applicano ai lavori affidati per la ricostruzione delle aree territoriali colpite da eventi sismici del 2016, per la quale siano già state adottate specifiche ordinanze del Commissario straordinario del Governo.

Si ricorda che in caso di mancata congruità, scattano le cause di decadenza degli incentivi fiscali previste per le ristrutturazioni edilizie, così come previsto all’art. 4, comma 1, lettera d) del DM n. 41/1998.

Piattaforma cessione crediti da Superbonus 110%: si fa tutto con il CODICE FISCALE

In uno scenario che ancora si fa più cupo per la cessione dei crediti e non semplifica una situazione sempre più critica, l’Agenzia delle Entrate pubblica la nuova Guida per l’utilizzo della piattaforma per la cessione dei crediti fiscali.

Vengono così prese in considerazione le ultime novità normative anche se, la guida non può ancora tenere conto degli ultimissimi sviluppi relativi alla quarta cessione dei crediti di imposta derivanti da bonus edilizi, cessione da parte delle banche a favore di propri correntisti. Novità prevista nella conversione del DL 17/2022 ma non definitiva nelle caratteristiche sino al momento in cui sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

La piattaforma per la cessione è accessibile dall’Area Riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

Questo è il canale utilizzato dai soggetti titolari di crediti d’imposta cedibili con cui comunicano all’Agenzia l’eventuale cessione dei crediti a soggetti terzi.

La guida (i cui riferimenti si trovano in calce) specifica che i crediti vengono raggruppati in base alle regole di cedibilità, quindi sono suddivisi tra crediti cedibili a chiunque (e poi eventualmente solo a soggetti “qualificati”, qualora sia consentito) e crediti cedibili solo a soggetti “qualificati”.

Il sistema è in grado di riconoscere, mediante identificazione del codice fiscale, i cosiddetti “soggetti qualificati”, per i quali sono possibili ulteriori cessioni nei limiti fissati dalla legge, incrociando i dati con gli elenchi pubblicati negli albi consultabili sui siti internet della Banca d’Italia e dell’Ivass.

In caso di tentativo di cessione dei crediti cedibili solo a soggetti “qualificati”, la piattaforma, infatti, verifica l’esistenza del codice fiscale e la sua natura di soggetto qualificato e rifiuta i trasferimenti non ammessi.

La guida ribadisce che l’accettazione e il rifiuto della cessione non possono essere parziali e che essi «sono irreversibili, salvo casi particolari che saranno disciplinati dall’Agenzia con apposite istruzioni, per consentire di revocare la scelta».

Ad oggi questi “casi particolari” non sono ancora stati disciplinati. Ancora peggio, a distanza ormai di anni dall’avvio delle procedure, non si conoscono le modalità con le quali il cedente che si accorge di aver commesso un errore in sede di comunicazione di opzione può annullare la cessione, o riversare lo stesso credito dopo che il cessionario ha accettato il trasferimento del bonus.

Va anche detto che l’intento di aggiornare le istruzioni ed il portale è alquanto difficile tenuto conto delle continue modifiche normative, dei relativi tempi tecnici e dei chiarimenti e procedure che vari Enti emanano per risolvere dubbi e problemi.

Piattaforma cessione crediti da Superbonus 110%: si fa tutto con il CODICE FISCALE

Gse nuovi modelli per allaccio e ritiro

Sono online i nuovi modelli predefiniti (Parte I e Parte II) del Modello Unico per gli impianti fotovoltaici come previsto dal Decreto Ministeriale del 19 maggio 2015, aggiornato e integrato dal D. Lgs 199/2021 e dalla Deliberazione 128/2022.

Andando sul sito del Gestore dei Servizi Energetici si trova il modello unico per la realizzazione, connessione e la messa in esercizio degli impianti e le nuove modalità di attivazione del servizio di ritiro dedicato, che permettono di accedere, con un iter semplificato,  alle seguenti procedure:

· connessione degli impianti fotovoltaici fino a 50 kW;

· accesso al regime del Ritiro Dedicato.

E’ lo stesso GSE ad informare che, i produttori interessati dovranno interfacciarsi esclusivamente con i Gestori di Rete per i quali è stato attivato il nuovo servizio “Modello Unico – MU” all’interno del portale Area Clienti GSE. Esso permette la trasmissione dei file xml degli impianti che richiedono l’accesso al Ritiro Dedicato.

Dopo che i Gestori di Rete avranno inviato i dati presenti nel Modello Unico, il GSE provvederà all’attivazione del contratto di Ritiro Dedicato e all’invio al produttore del codice relativo e del link per visualizzarlo sul Portale Ritiro Dedicato – RID.

Il contratto si considererà attivo a partire dalla data di attivazione della connessione, comunicata dal Gestore di Rete.

Nulla cambia invece per:

· la modalità di trasmissione del flusso informativo per gli impianti per cui è richiesto l’accesso al regime di Scambio sul Posto, con l’invio da parte dei Gestori di Rete, tramite la sezione dedicata presente nel portale di Gestione Misure Distributore – GMD;

· la presentazione della richiesta direttamente dal Produttore sui portali GSE per l’accesso ai servizi di Scambio Sul Posto o Ritiro Dedicato tramite la procedura standard.

Qui di seguito i modelli.

Gse nuovi modelli per allaccio e ritiro Gse nuovi modelli per allaccio e ritiro 1

 

 

Superbonus 110% e accesso agli atti: il Comune non può addurre motivazioni generiche per il diniego

Chiunque abbia iniziato l’attivazione delle pratiche per l’accesso al Superbonus 110%, ha avuto a che fare con le Amministrazioni Comunali ed in alcuni casi si è imbattuto anche con ritardi, da parte delle stesse, nel fornire la documentazione urbanistica necessaria o utile ai fini dell’ottenimento dei benefici fiscali.

Ovviamente si deve pensare a come alcune Amministrazioni si siano trovate in situazioni di vera e propria emergenza dovute, da una parte dall’eccesso di richieste agli atti e dall’altra dalle conseguenze derivanti dalla pandemia ancora presente. Organizzazione cartacea degli archivi, passaggio alla digitalizazzione più o meno spinta, organizzazione interna, limitazioni legate al Sars-Cov e tutto quanto insieme però non può giustificare un limite all’esercizio del diritto di accesso agli atti.

Il diritto di accesso ai propri atti presso la Pubblica Amministrazione è un principio di civiltà sancito nel nostro ordinamento con la legge 241 del 7 agosto 1990 (modificata dalla legge 120/20): l’intento era quello di dare forza al principio della Trasparenza (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Gli atti per cui non è possibile aver l’accesso sono tassativamente indicati nell’articolo 24 della legge indicata. L’articolo 25 della stessa indica le modalità per l’esercizio del diritto indicando anche i termini entro cui l’Amministrazione Pubblica deve permetteremo.

Se quanto indicato non viene rispettato dalle PA, si raffigura la violazione un diritto e si può attivare la procedura del processo amministrativo per vederlo riconosciuto.

A valutare una situazione simile si è trovato il Tar del Lazio che, con sentenza n. 2485 del 02/03/2022 ha ribadito che l’eventuale diniego all’esercizio del diritto all’accesso richiede che venga data una risposta completa ed esaustiva e che non è sufficiente una risposta dilatoria e non motivata per poter giustificare la mancata consegna di documenti che debbono essere presenti negli archivi comunali.

La vicenda da cui nasce la vertenza vede il Comune alle prese con una richiesta di accesso agli atti relativamente ad un contratto di appalto, richiesta non soddisfatta con motivazioni, da parte dell’Ente sospensive e con una giustificazione generica della mancata esibizione dei documenti.

Il Tar che ha accolto il ricorso, ritiene che una semplice comunicazione del Segretario Generale del Comune, che affermi che «dopo varie ricerche, agli atti di questo Ufficio non risulta nessun contratto rogato» non dia conto di informazioni né certe, né univoche, circa l’irreperibilità del documento. Sempre il Tar richiamando l’articolo 22, comma 6 della legge 241/90, «che il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere». E’ già anche capitato che i documenti richiesti risultassero distrutti o smarriti. In questi casi il Comune quale risposta dovrebbe dare per non commettere allora un illecito?

La sentenza sul punto è precisa: «se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e di provvedimenti completo ed esaustivo».

Non può quindi sottrarsi all’obbligo di consentire il diritto di accesso agli atti con un mero diniego di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta, senza l’indicazione delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute.

Il diniego deve essere pertanto motivato per permettere poi al cittadino di prendere gli opportuni provvedimenti, a maggior ragione se si sta parlando di agevolazioni come quella del Superbonus 110% o simili.

Il ruolo del Coordinatore per la sicurezza in cantiere

Il Dlgs 626/94 ha introdotto questa figura per la sicurezza ripresa poi nel TU 81/08.

Esistono due tipi di Coordinatore:

•coordinatore della sicurezza in fase di progettazione (Csp);

•coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione (Cse).

Al Csp spetta, in accordo col progettista e col committente, la pianificazione e organizzazione della sicurezza nel cantiere, prima che questo venga istituito. Il suo compito è quello di prevederei rischi delle singole lavorazioni, nonché le possibili interferenze che queste potrebbero avere tra di loro, cercando il più possibile di minimizzarli e gestirli al meglio.

Il Cse, invece, ha il compito di verificare che vengano attuate tutte le disposizioni presenti nel piano di sicurezza e coordinamento e nel Piano operativo di sicurezza (Pos) delle varie aziende. Inoltre, al Cse spetta l’aggiornamento del Psc in relazione all’evoluzione dei lavori.

Ricordiamo che cos’è il Psc (Piano di Sicurezza e coordinamento): si tratta del documento redatto dal coordinatore della sicurezza nel quale viene gestita la sicurezza del cantiere di lavoro (TU 81/08 al «Titolo IV: cantieri temporanei o mobili»).

Obblighi del Csp

Principalmente, durante la progettazione dell’opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione si occupa di:

•redige il piano di sicurezza e di coordinamento;

•in sintesi predispone un fascicolo adattato alle caratteristiche dell’opera contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.

Obblighi del Cse

Principalmente, durante la realizzazione dell’opera, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori:

•verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
•verifica l’idoneità del piano operativo di sicurezza, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento e il fascicolo in relazione all’evoluzione dei lavori;

•organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;

•verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;

•segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze, le prescrizioni del piano e propone la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto se necessaria;

•sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate, nei casi in cui, dopo l’affidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese, il coordinatore per l’esecuzione redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo.

Quali sono i requisiti professionali del coordinatore della sicurezza?

Dato che si tratta di una figura con compiti molto complessa, si dovrà trattare di un professionista, debitamente nominato, ed in possesso di determinati requisiti professionali ai sensi dell’articolo così come previsto dal Dlgs 81/08, 98):

•formazione ammessa:

1.laurea magistrale in ingegneria nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

2.laurea triennale in ingegneria o architettura, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

3.diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni;

•attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza e successivo corso di aggiornamento professionale.

E’ obbligatorio che il Cse sia iscritto ad un albo professionale?

In merito a questo dubbio si può dire che l’obbligo non è mai stato presente all’interno delle normative di riferimento a partire dal Dlgs 494/96 che all’art. 10 «Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori» indicava:«1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) diploma di laurea in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno; b) diploma universitario in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni; c) diploma di geometra o perito industriale, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni».

Ai sensi dell’articolo 9 del Dlgs 528/99: «1. All’articolo 10 del decreto legislativo numero 494 del 1996 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente: a) diploma di laurea in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno; b) al comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente: c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni».

La sola esperienza non basta

Il Dlgs 81/08, ha indicato quali sono i titoli di studio e le esperienze da possedere per poter assumere il ruolo di coordinatore per la sicurezza in cantiere. L’iscrizione ad ordini o collegi professionali è utilizzata per dimostrazione e attestare da parte dei committenti/datori di lavoro la capacità dell’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni.

Ad oggi per esercitare l’attività di coordinatore della sicurezza si devono possedere dei requisiti professionali tali per cui è logico pensare che per il loro esercizio ci sia l’iscrizione ad uno specifico ordine professionale.

Si ricorda che, il Coordinatore ha il compito di trasmettere la notifica preliminare agli organi competenti firmata dal Responsabile dei Lavori, prima dell’inizio delle lavorazioni. Sulla notifica preliminare sono scritte le anagrafiche della committenza, o responsabile dei lavori, del coordinatore della sicurezza sia in fase progettuale che esecutiva e dell’impresa. Oltre che all’ammontare presunto dell’opera, per far capire a grandi linee di che tipo di lavorazioni si andrà a svolgere, del conteggio uomini giorno e della data inizio e durata delle lavorazioni.

Il Coordinatore per l’esecuzione non può poi coincidere con il datore di lavoro dell’impresa esecutrice.

Inopportuno poi scegliere il Coordinatore tra i dipendenti dell’impresa appaltatrice od esecutrice dei lavori:  tali soggetti dovrebbero controllare, per conto del committente, la propria impresa.

Il Coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve essere titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella di altri soggetti destinatari della normativa per la sicurezza, in quanto gli spettano compiti di alta vigilanza, controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento, nonché sull’applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori, nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (Pos), nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento e nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi Pos.

Chi nomina il Coordinatore della sicurezza?

Il TU 81/08 all’art. 90 definisce chiaramente quando deve essere nominato il Coordinatore per la sicurezza.

Questa figura risulta obbligatoria:

•nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione;

•nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori;

•nel caso in cui, dopo l’affidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese (ad esempio una lavorazione viene sub-appaltata in corso d’opera).

Domande frequenti

–          Se in cantiere prima entra una ditta che monta il ponteggio e, solo quando questa ha terminato, entra un’altra ditta per effettuare le lavorazioni devo comunque nominare un coordinatore della sicurezza?

Si anche in questo caso è obbligatorio poiché l’articolo 90 comma 3 dell’81/08 parla di presenza anche non contemporanea di più ditte.

–          Se non si nomina il Coordinatore anche quando obbligatorio cosa rischio?
La mancata nomina del coordinatore della sicurezza comporta, per il committente o il responsabile dei lavori, l’arresto da tre a sei mesi o ammenda.

–          Quando si deve nominare il Coordinatore della sicurezza?
Il coordinatore va nominato contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione.

–          Il Coordinatore della sicurezza deve coincidere col progettista o direttore dei lavori?
No, possono coincidere ma non è assolutamente previsto tale obbligo.

–          Si può affidare l’incarico di Csp e Cse allo stesso professionista?
In generale le figure del coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione possono essere svolte da due professionisti diversi, come possono essere ricoperte dalla medesima persona. Tuttavia, generalmente la prassi nei cantieri privati è quella di nominare un unico professionista.

 

ENEA - poster bonus edilizi

Un utilissimo e completo poster messo a punto da Enea per fornire un riepilogo delle detrazioni fiscali a disposizione per le abitazioni e i Condomini, per tutti, più o meno esperti!

ENEA – poster bonus edilizi

 

Le regole di sicurezza anticontagio nei cantieri e luoghi di lavoro: la FASE POST EMERGENZIALE

Il termine dello stato di emergenza nazionale, dal 1° aprile 2022, pone il venir meno del rispetto di protocolli e delle linee guida di sicurezza anticontagio per lo svolgimento delle attività economiche e produttive.

 

Nella categoria dei protocolli di cui all’art. 1, co. 14 del DL n. 33/2020 rientrano i Protocolli di sicurezza anticontagio sottoscritti – e aggiornati via via nel tempo – dal Governo e le parti sociali nel corso di tutta la fase emergenziale, che hanno assicurato lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche, produttive e sociali, evitando la diffusione del COVID19 nei luoghi di lavoro.

 

Ora, in questo ritorno alla normalità della fase post emergenziale, i Protocolli di sicurezza anticontagio continuano a costituire il riferimento per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e produttive.

 

Innanzitutto, il nuovo art. 10-bis del DL n. 52/2021 ha mantenuto efficacia di ordinanza del Ministro della Salute in relazione all’adozione e all’aggiornamento di linee guida e protocolli volti a regolare lo svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali.

 

Quindi, anche nella fase post emergenza, permane il ricorso ai protocolli come possibile e valido strumento di contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro.

 

In secondo luogo, perché rimangono in vigore, in quanto privi di un termine di scadenza o di collegamenti con il perdurare dello stato di emergenza:

 

• l’art. 42 del DL n. 18/2020, che uguaglia l’infezione da COVID-19 all’infortunio sul lavoro;

 

• l’art. 29-bis del DL n. 23/2020, che prevede la presunzione di pieno adempimento degli obblighi di cui all’art. 2087 c.c. per il datore di lavoro che applica, adotta e mantiene le prescrizioni contenute nel Protocollo sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, nonché negli altri protocolli adottati a livello nazionale per fronteggiare la pandemia (es. Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri e il Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID19 nel settore del trasporto e della logistica).

 

Diversamente dall’impianto emergenziale, nella fase post stato di emergenza, si osserva che il potere dell’ordinanza ministeriale in tema di protocolli è declinato non già in termini assoluti (“i protocolli e le linee guida …. sono adottati e aggiornati con ordinanza del Ministro della salute”), ma in termini di legame con l’andamento epidemiologico (“il Ministro della Salute … può adottare e aggiornare linee guida e protocolli”), con la possibilità che possa essere adottate nuove ordinanze in caso di necessità e di superare quelle adottate nell’ambito del precedente sistema obbligatorio.

 

Il superamento dell’obbligo sembrerebbe avvalorato, poi, dal fatto che, contrariamente all’impianto emergenziale il DL n. 24/2022 non ha previsto una specifica sanzione per la violazione delle ordinanze recanti l’adozione e l’aggiornamento dei protocolli e delle linee guida anticontagio.

 

Quindi, in ogni caso, anche se i protocolli non costituiscono più condizione obbligatoria per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, si conferma la forte indicazione di continuare ad applicare i protocolli in via cautelativa anche nella fase post emergenziale.

 

Infatti, i dati epidemiologici sull’andamento della pandemia, la numerosità delle denunce di infortunio da COVID-19 all’INAIL (oltre 33.300 nel primo bimestre 2022) e l’allentamento solo graduale delle misure di precauzione nelle attività sociali confermano che il rischio da contagio da COVID-19 non è ancora venuto meno (nemmeno per le fasce di popolazione protette dalla vaccinazione) e, con esso, la possibile responsabilizzazione del datore di lavoro, rispetto alla quale l’applicazione integrale dei Protocolli garantisce un’esimente ex art. 29-bis del DL n. 23/2020.

 

In particolare, l’operatività dell’art. 29-bis che, come anticipato, non è soggetta ad alcun termine di scadenza, prescinde dalla natura obbligatoria dei Protocolli di sicurezza anticontagio. Infatti, nella logica della presunzione ex art. 29-bis, i Protocolli assumono rilevanza non già per la loro cogenza ex lege, ma per l’osservanza delle rispettive prescrizioni, quali misure necessarie a tutelare i lavoratori ai sensi dell’art. 2087 c.c.: i datori di lavoro … adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei Protocolli.

 

Questo vale per tutti i luoghi di lavoro, compreso il cantiere.

BONUS EDILIZI: PORTALE ENEA 2022 E’ ATTIVO ON LINE

Enea ha comunicato l’aggiornamento della piattaforma per l’invio della documentazione necessaria per la fruizione delle detrazioni fiscali per tutti gli ecobonus.

La principale novità è che per il 2022 il portale dedicato alle detrazioni fiscali Ecobonus 2022 (art. 14 del D.L. n. 63/2013) e Bonus Casa 2022 (art. 16 bis del D.P.R. n. 917/86) avranno un unico link:

http://bonusfiscali.enea.it

Il termine di 90 giorni per la trasmissione dei dati ad ENEA per gli interventi con data di fine lavori compresa tra il 01 gennaio 2022 e il 31 marzo 2022 decorrerà pertanto e come dichiarato da Enea dal 1 aprile 2022.

Il nuovo portale consentirà l’invio della documentazione relativa agli interventi:

– risparmio energetico e utilizzo di fonti rinnovabili (ex art.16 bis del DPR 917/86) che usufruiscono delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie;
– accedono alle detrazioni fiscali per riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente con incentivi del 50%, 65%, 70%, 75%, 80% e 85%.

Al portale è consentito l’accesso solo con autenticazione tramite:

– SPID, il sistema di accesso che consente di utilizzare, con un’identità digitale unica, i servizi online della Pubblica Amministrazione e dei privati accreditati;

– CIE (Carta di Identità Elettronica), lo schema di identificazione che consente l’accesso ai servizi digitali erogati in rete di pubbliche amministrazioni e privati, mediante l’impiego della CIE, come previsto dall’art. 64 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

La trasmissione della documentazione all’Enea deve essere effettuata entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Per “data di fine lavori” si può considerare la dichiarazione di fine lavori a cura del direttore dei lavori, se prevista, la data della dichiarazione di conformità, quando prevista.

Per gli elettrodomestici si può considerare la data del bonifico o di altro documento di acquisto ammesso.

Nel caso di interventi riconosciuti in edilizia libera e per i quali non è prevista alcuna abilitazione amministrativa, la data di fine lavori va dimostrata mediante una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che deve contenere le seguenti informazioni: i dati anagrafici del contribuente (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza); la dichiarazione di consapevolezza sulle sanzioni previste e sulla decadenza dei benefici ai sensi degli artt. 75 e del DPR n. 445/2000 in caso di false dichiarazioni; gli estremi catastali dell’immobile (foglio, particella, subalterno e categoria); la data di inizio dei lavori; una dichiarazione che gli interventi rientrano tra quelli previsti per la fruizione della detrazione fiscale.

Tale dichiarazione va poi firmata e conservata, senza alcuna necessità di presentarla all’Agenzia delle Entrate, che potrà sempre richiederla successivamente.

Superbonus 110%: come fare se uno dei proprietari non vuole saperne?

Torniamo nuovamente a parlare di queste situazioni, prendendo spunto da cosa dicono gli esperti per le casistiche che si sono trovati ad affrontare sino ad ora.

Infatti, a quanti sarà successo che uno dei “vicini” non interessi il Superbonus, la ristrutturazione,  ecc., finendo per non far partire alcun lavoro o, peggio, mettendo in blocco i lavori in essere, anche quelli di semplice manutenzione.

Ci si interroga su cosa si possa fare per intervenire.

Sono diverse e disparate le situazioni in cui uno dei condomini non dimostri alcun interesse ad eseguire i lavori.

Spesso l’intervento in Superbonus abbatte quasi tutti i costi di effìcientamento energetico e ristrutturazione ma non tutti hanno voglia di rischiare. Ad oggi elementi che destano preoccupazione oltretutto ce ne sono, basti pensare ai prezzi, che aumentano di continuo, ai tempi legati ai lavori, alle normative, ecc.

Il problema poi si pone in particolar modo non per i grandi Condomini, dove vince la maggioranza ma nelle situazioni in cui i soggetti coinvolti sono pochi e magari due su quattro, o uno su due, ovvero in tutti i casi in cui, con i millesimi di loro competenza, impediscono la formazione della maggioranza, determinando così una situazione di blocco nella gestione del minicondominio.

Pensiamo alle situazioni delle bifamiliari o a casi simili in cui le quote di ciascuno dei condomini risultano coincidenti e non è presente un regolamento per prendere le decisioni.

Se in necessità di intervenire con lavori di manutenzione, la soluzione “ufficiale” sarebbe quella di rivolgersi al giudice. L’altro condomino, comproprietario insieme al primo delle parti comuni, potrebbe richiamare infatti le tutele previste dall’art. 1105 del Codice Civile “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria”.

Solo che le tempistiche di risposta non sono assolutamente compatibili con quelle dei bonus fiscali che per i Condomini prevedono che i pagamenti vengano fatti entro il 31/12/2023 per fruire del 110% e, per gli anni successivi, un decremento dell’agevolazione sino ad arrivare al 31/12/2025.

Ma, si può fare qualcosa?
Cosa accade se ci procede lo stesso?

Alcuni professionisti hanno cercato di fare delle previsioni.

Se abbiamo un’unità immobiliare funzionalmente indipendente e con accesso autonomo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che si può procedere con gli interventi di Superbonus. Dal punto di vista civilistico, qualora l’altro proprietario sia stato correttamente informato e non ci siano state obiezioni fondate, ulteriori spazi per successive contestazioni sembrerebbero essere minimi.

Se gli interventi riguardano invece le parti strutturali, anche appartenenti alla categoria della manutenzione straordinaria e degli interventi locali, il discorso si complica.

Ma, i lavori di manutenzione delle parti strutturali sono possibili se l’altro proprietario non li autorizza? Dipende.
Chi si sta occupando delle detrazioni dei bonus edilizi, anche per quelli legati a lavori antisismici, sa che devono essere sempre riferiti all’unità strutturale, nell’ambito di un progetto unitario. Concetto chiarito dalla Commissione di Monitoraggio del Sismabonus con parere Prot. n. 8047 del 21/10/2020 “Ai fini dell’applicazione del “Sismabonus” o del “Super sismabonus” più che all’unità funzionalmente indipendente bisogna fare riferimento all’unità strutturale (US) chiaramente individuabile secondo le NTC 2018”.
Così, se i lavori riguardano un’unità strutturale che comprende due o più alloggi di diversi proprietari, sarà necessario prendere in esame l’intero palazzo (progetto unitario) con rilievi geometrici e materici (spessore muri, orditure solai, carichi e sovraccarichi) anche delle unità immobiliari non oggetto di interventi, con il fine di dimostrare che le opere da compiersi per volontà dell’uno non “peggiorino”, ma anzi migliorino, le strutture complessive, che sono di tutti.

Così stabilisce infatti l’art. 1102 del Codice Civile, ai sensi del quale “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”

Se c’è una reale esigenza, è consentito a uno dei condomini apportare “modificazioni” alle parti strutturali, purché non ne venga alterata la destinazione e non vengano lesi i diritti (presenti e futuri) degli altri comproprietari. È su questi aspetti che bisogna fare attenzione perché il concetto di “destinazione” non è astratto, bensì è legato alla “consistenza materiale” dei beni (in tal senso Cass. Civile 26 maggio 2006 n. 12654).

Se gli interventi sfociano poi in “innovazioni”, bisogna tener conto dell’articolo 1120 del Codice Civile, in base al quale “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.

È una materia complessa, che può generare opinioni diverse.

Ecco alcuni esempi concreti

Condomini orizzontali (le villette a schiera)
La Commissione di Monitoraggio, con parere prot. n. 7035 del 13 luglio 2021, ha introdotto una deroga alla regola generale del “progetto unitario” e dell’unità strutturale di cui si parlava sopra. Tale deroga riguarda le “villette a schiera”, con riferimento alle quali è stato specificato che “a maggior chiarimento del parere del 21/10/2020, rientrano tra gli interventi agevolabili anche gli “interventi di riparazione o locali” realizzati su una villetta a schiera.”

Questo principio è stato poi più volte richiamato dall’Agenzia delle Entrate in risposta a diversi interpelli.

Ne deriva quindi che nei Condomini a sviluppo orizzontale, laddove non sia possibile eseguire un intervento complessivo di ristrutturazione o di manutenzione, il singolo proprietario di una unità immobiliare potrebbe – tecnicamente e fiscalmente – eseguire opere sulla “sua parte” di struttura. Ad esempio potrebbe rifare il tetto, aprire porte e finestre, realizzare sottofondazioni, poiché questa tipologia di lavori rientrano tra gli interventi locali.

La norma è chiara: trattandosi di edifici a sviluppo orizzontale gli interventi eseguiti su una porzione di struttura, se di modesta entità, difficilmente avranno ripercussioni sulla struttura complessiva. Dal punto di vista civilistico, però, va prestata attenzione al decoro dello stabile, che è anch’esso un bene comune e che non va mai alterato senza il consenso dell’assemblea.

Condomini a sviluppo verticale (le palazzine)
Il caso dei Condomini a sviluppo verticale è diverso. Non ci sono deroghe espresse dalla Commissione e, inevitabilmente, il lavoro del progettista dovrà prendere in esame l’intera struttura, da cielo a terra, più o meno approfonditamente a seconda della natura degli interventi che si vogliono fare. Esempio classico: edificio composto da due unità immobiliari sovrapposte con quote di proprietà al 50%.

Il proprietario all’ultimo piano, può “rifare il tetto” fruendo del sismabonus (ordinario o potenziato), se il condomino del piano terra non partecipa o addirittura si oppone all’iniziativa?

Occorre prestare molta attenzione.

Di fronte a questa iniziativa dovrà invitarlo ad esprimersi in ogni modo possibile, si spera in maniera bonaria, poi al limite con diffida legale e, se i tempi lo consentono, anche ricorrendo all’istituto della mediazione civile.

Se l’intervento riguarda la modifica di parti strutturali (ad esempio l’orditura secondaria, rifacimento dei cornicioni, sostituzione travi, ecc.), la risposta è tendenzialmente affermativa. Però difficile generalizzare ma, se si tratta di modifiche parziali che non mutano la destinazione della cosa e non alterano il decoro, occorre attenersi al perimetro definito dall’art. 1102 del Codice Civile.

Se invece si volesse “sostituire” l’intera copertura e fare qualche miglioria come ad esempio introducendo un cordolo per una maggiore sicurezza e per una fruire in misura più soddisfacente della soffitta, seguendo le indicazioni del proprio professionista basate anche sulle deroghe introdotte dall’art 33-bis della L. 108/2021 in base al quale il cordolo antisismico “non fa altezza”, le cose si complicherebbero. Anche se una manutenzione straordinaria e pur essendo opere ascrivibili alla categoria degli interventi locali, il proprietario “silente” (o chi per lui) un domani potrebbe contestare l’illegittima trasformazione (innovazione) di una parte comune (Cass. civ. sez. II, 8 gennaio 2021, n. 97), con conseguenze non solo sul piano civile (richiesta danni o riduzione in pristino delle opere realizzate), ma anche di legittimità del titolo edilizio che ha aperto la strada ai bonus fiscali.

Caso in cui la logica non segue i principi del diritto: anche rifacendo il tetto a proprie spese e migliorandolo rispetto a come era prima si può incorrere in problemi.

Condomini “misti” (gli aggregati edilizi)
Un condominio può essere definito “misto” quando non è né a sviluppo orizzontale e né a sviluppo verticale, ma ha entrambe le caratteristiche. Ci sono palazzi nei centri storici fatti in questo modo, in cui i frazionamenti e accorpamenti successivi fatti nelle varie unità immobiliari determinano spesso “compenetrazioni” di stanze all’interno della sagoma degli appartamenti circostanti.

La Commissione di Monitoraggio, con parere num. 4/2021 ha spiegato che “la messa in atto di interventi locali, se ben realizzati, consente di raggiungere, senza dover espletare la verifica sismica complessiva dell’intero aggregato o delle singole Unità Strutturali in cui occorrerebbe tener conto anche delle interazioni con le unità strutturali adiacenti, una riduzione del rischio sismico”.

Quindi, anche in questa situazione il singolo condomino potrebbe eseguire” interventi locali” che, per loro natura e ai sensi delle Norme Tecniche delle Costruzioni, richiedono verifiche localizzate solo nella porzione di struttura che si vuole modificare, senza necessità di coinvolgere gli altri proprietari.

Se quindi si tratta di modifiche interne (rifacimento di solai di interpiano, apertura di porte, etc) non ci sono problemi, né tecnici né civilistici.

Se invece torniamo all’intervento sul tetto, o per modifiche alla facciata, ovvero lavori che riguardano parti comuni “sensibili”, la possibilità di eseguire interventi locali ammessi al Superbonus, come chiarito dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non deve illudere, poiché occorre tener conto dei diritti degli altri condomini.

 

Coronavirus Covid-19: in Gazzetta Ufficiale il DL termine fase emergenziale il 31 marzo 2022

E’ stato pubblicato in Gazzetta n. 70 il 24 marzo 2022 il DL n. 24 recante “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”.

Viene così stabilito che il 31 marzo prossimo cesserà lo stato di emergenza Covid-19.

Il percorso per il graduale ritorno all’ordinario prevede alcuni step:

· fine del sistema delle zone colorate;

· graduale superamento del green pass;

· eliminazione delle quarantene precauzionali.

Con il DL è stabilito anche quanto segue:

· obbligo di mascherine – Viene prorogato fino al 30 aprile l’obbligo di mascherine ffp2 negli ambienti al chiuso quali i mezzi di trasporto e i luoghi dove si tengono spettacoli aperti al pubblico. Nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie;

· fine del sistema delle zone colorate;

· capienze impianti sportivi: ritorno al 100% all’aperto e al chiuso dal 1° aprile;

· protocolli e linee guida: verranno adottati eventuali protocolli e linee guida con ordinanza del Ministro della salute.

 

Accesso al luogo di lavoro

Dal 1° aprile sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio eliminato l’obbligo. 

Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali.

 

Scuola

Per quanto riguarda la scuola il DL prevede nuove misure in merito alla gestione dei casi di positività:

Scuole dell’infanzia – Servizi educativi per l’infanzia

In presenza di almeno quattro casi tra gli alunni nella stessa sezione/gruppo classe, le attività proseguono in presenza e docenti, educatori e bambini che abbiano superato i sei anni utilizzano le mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.
In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

Scuole primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e sistema di istruzione e formazione professionale

In presenza di almeno quattro casi di positività tra gli alunni, le attività proseguono in presenza e per i docenti e per gli alunni che abbiano superato i sei anni di età è previsto l’utilizzo delle mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.
In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

L’isolamento

Gli alunni delle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie di secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale, in isolamento per infezione da Covid, possono seguire l’attività scolastica nella modalità di didattica digitale integrata accompagnata da specifica certificazione medica che attesti le condizioni di salute dell’alunno. La riammissione in classe è subordinata alla sola dimostrazione di aver effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.

Personale Covid

Il personale per l’emergenza viene prorogato fino alla fine delle lezioni e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per la proroga sono disponibili ulteriori 204 milioni, oltre le somme già stanziate.

Strutture dell’emergenza

Il DL inoltre stabilisce che:

· Capo della Protezione civile: cessazione dei poteri emergenziali e attribuzione di poteri per gestire il rientro alla normalità

· Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19: è istituita un’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che si coordinerà con il ministero della Salute. Dal 1° gennaio 2023 il Ministero della Salute subentra nelle funzioni.

Coronavirus Covid-19: in Gazzetta Ufficiale il DL termine fase emergenziale il 31 marzo 2022