Le preoccupazioni dei professionisti ed i consigli per le asseverazioni

La Rete delle Professioni Tecniche ha pubblicato la sua analisi sul nuovo reato legato alle false attestazioni: la rete che riunisce, tra gli altri, architetti, periti, geometri e ingegneri fornisce una piccola guida a beneficio dei tecnici asseveratori. Omissioni punite solo a partire dal 26 febbraio. Valutazioni da farsi sempre su norme tecniche e prassi.

L’inserimento di informazioni false nelle asseverazioni era già rilevante dal punto di vista penale prima del 26/02/2022: “Il riferimento – spiega il documento – è l’articolo 481 del Codice penale che punisce l’esercente un servizio di pubblica necessità che attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.

Il tecnico abilitato, quindi, rispondeva già penalmente per false informazioni, prima del 26 febbraio (anche se la gravità della pena, al tempo, era molto meno severa).

Se però abbiamo delle condotte omissive, anche il vademecum della Rete chiarisce bene che si tratta “a tutti gli effetti una nuova incriminazione, penalmente irrilevante prima del 26 febbraio 2022» ma non dopo. Prima di questa data, allora, le omissioni non erano punite, a meno che non fossero qualificabili come fraudolente perché accompagnate «da ulteriori artifizi o raggiri”.

Il vademecum cita alcuni esempi sugli elementi ai quali dedicare attenzione, per evitare di incorrere nel reato di false attestazioni: dati e misure, qualità degli interventi o degli edifici sui quali vengono eseguiti, tipologia degli interventi, costo complessivo o entità delle spese da sostenere, rispetto delle norme in materia di efficienza energetica e sicurezza, aumento delle classi energetiche. Per il Sismabonus, bisogna fare attenzione alla classificazione sismica dell’edificio e alla classe di rischio.

Una delle questioni più discusse e delicate riguarda il caso, non così remoto, in cui l’attività del professionista comporti delle valutazioni proprie e non solo la certificazione di dati materialmente misurabili.

In questa situazione, viene ripreso un principio indicato dalla Cassazione – Sezioni Unite, n. 22474) secondo il quale, per il reato di false comunicazioni sociali, viene ritenuto rilevante il falso “se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa»”.

La parte finale della Guida fornisce indicazioni sui comportamenti consigliati da tenere. L’indicazione è che, in caso di esposizione di dati oggetto di discrezionalità e valutazione tecnica (quindi non immediatamente misurabili), il professionista deve “applicare le norme tecniche e giuridiche rilevanti in materia, documentandosi di volta in volta su quali siano le buone prassi e le interpretazioni qualificate intervenute sul tema”. In questo modo potrà mettersi al riparo dalle contestazioni che potrebbero essere sollevate.

Si fornisce il link per il decalogo della Rete delle Professioni Tecniche.

Le preoccupazioni dei professionisti ed i consigli per le asseverazioni

Il concetto di Economia Circolare sarà esteso anche alle nuove costruzioni ed agli impianti

Leggiamo in questi giorni che tra qualche anno non potremmo più pensare di acquistare una caldaia a gas.

Tra una quindicina d’anni, più o meno, non potremmo nemmeno più comperare un’auto a benzina o gasolio.

Poi ci sono tutte le riflessioni che ci stanno accompagnando per il maggior costo dell’energia, delle conseguenze di una guerra, delle possibili crisi alimentari, ecc.

Dall’altra parte, come già accennato, gli interventi in Superbonus (ma anche per gli altri bonus edilizi) sono stati un buon tentativo per introdurre un maggior efficientamento del panorama immobiliare, con la speranza che si possa trovare una soluzione ai problemi di inquinamento, per procedere ancora nei prossimi anni e coinvolgere anche le aziende e non solo i privati.

Tutto ci sta portando verso l’adozione di sistemi economici complessivamente più sostenibili ed un’economia circolare. Un nuovo modo di pensare, vivere e produrre.

Una nuova rivoluzione culturale.

Il sistema di circolarità di un bene, prevede che lo stesso terminato in suo utilizzo primario non diventi immondizia o rifiuto ma possa essere scomposto per dare vita ad altri prodotti aumentando così il suo valore intrinseco (Ecoprogettazione).

Ma la circolarità si esprime anche con:

  • Modularità e versatilità: i prodotti devono essere pensati per adattarsi alle condizioni e ai cambiamenti esterni.
  • Energie rinnovabili e sostenibilità delle risorse: i beni devono essere prodotti, riparati, smontati e riusati o riciclati, utilizzando energia da fonti rinnovabili.
  • Approccio Ecosistemico: pensare in modo olistico ovvero considerando le relazioni causa e effetto.
  • Recupero dei materiali: preferire il recupero dei materiali utilizzati piuttosto che ai materiali vergini, ovvero recupero e riciclo delle risorse.

Chiaramente non è tutto così semplice ed immediato ma di esempi ne abbiamo nella realtà già molti: vengono riutilizzati mobili e vestiti e ancora plastica per produrre certi vestiti, carta prodotta con scarti vegetali, telefonini che vengono ricondizionati, cialde caffè organiche, cicli vitali più lunghi per le batterie delle auto elettriche sino ad arrivare all’efficienza energetica.

In quest’ultimo caso si è più propensi a pensare ad un servizio, ovvero delegare ad un azienda esterna tutti gli impegni: dall’investimento iniziale ai costi di manutenzione, dall’adeguamento normativo alla dismissione degli impianti realizzati.

Progetto questo complesso che richiede studio e consulenza adeguati, sin dall’inizio, in un’ottica lungimirante.

In un’economia circolare le aziende coinvolte devono sviluppare un interesse a conservare la proprietà del prodotto mentre l’utente avrà interesse ad acquistare il servizio.

L’utente, infatti, dovrà occuparsi di acquistare il servizio che più si avvicina al suo bisogno (che poi trattandosi di impianti efficienti saranno sempre meno inquinanti e più funzionali) mentre l’azienda che ha venduto quel servizio, ma che resta proprietaria del bene, conterà sul valore dello stesso all’atto della sua dismissione.

Utopia? Non è detto anche perché le tecnologie, i materiali, la conoscenza, ecc. fanno tutti passi da gigante di questi tempi!

Appalti di lavoro: le responsabilità del Committente per la sicurezza in cantiere

Quale ruolo gioca il Committente nel contratto di appalto di opere edilizie?

Ai sensi del Dlgs 2008/81 art. 89, il Committente è il soggetto che commissiona l’intera opera e ai sensi di quanto poi indicato all’articolo 91, lettere a) e b), deve verificare l’idoneità delle imprese che opereranno in cantiere.

Lo stesso tipo di responsabilità rimane in capo all’Amministratore di Condominio che sottoscrive, per conto dello stesso che riveste il ruolo di Committente, un contratto di appalto per lavori da eseguire.

Il Committente è il cardine, il motore della sicurezza in cantiere, non nel senso che egli abbia un ruolo sul piano tecnico ed operativo (non ce l’ha e neanche lo può avere), ma semplicemente nel senso che egli ha (e proprio perché lo ha) il “potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell’appalto” (art. 89 co.1 lett.b).

Il suo compito è creare le condizioni per un cantiere sicuro.

In sintesi dovrà scegliere imprese idonee (art 90 co. 9 lett. a); designerà i coordinatori quando occorre (art 90 co. 3-5) individuandoli tra i soggetti con i requisiti adeguati (art. 98); gestirà i canali informativi e la trasmissione delle informazioni ( art 101); e così via.

Spenderà quanto serve perché sia rispettato il principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile, fisserà tempi contrattuali compatibili con le esigenze di sicurezza e così via.

Nella più recente giurisprudenza il ruolo del Committente viene ricondotto a due regole fondamentali.

Una è quella di scegliere l’affidatario “accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa”; l’altra è quella di “non ingerirsi nella esecuzione dei lavori”.

La prima regola valorizza in maniera definitiva uno dei presupposti più importanti di un cantiere sicuro: l’idoneità del soggetto esecutore.

La seconda attiene ad un diverso profilo, quello per cui il Committente non deve porre in essere “attività di concreta interferenza sul lavoro altrui tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull’esecuzione degli stessi”.

Anche questa è una annotazione significativa, poiché evidenzia proprio la incompatibilità della figura del Committente con qualsiasi ruolo operativo in cantiere, ivi compreso quel ruolo di “super-controllore” e di “sostituto” che negli anni scorsi la Suprema Corte aveva inteso attribuirgli.

Recentemente è però stato chiarito che, una non adeguata scelta delle imprese esecutrici configurano un’ingerenza dei lavori da parte del Committente e conseguentemente una sua diretta responsabilità anche per la sicurezza.

Dall’interpretazione ricevuta, è stato chiarito che è esteso il rischio della gestione del cantiere al Committente quando lo stesso, in particolare:

oltrepassa il ruolo di semplice conferimento delle opere, interferendo nell’organizzazione dei lavori per la loro esecuzione (Cassazione 2731/1990);
rivesta un ruolo di corresponsabile, affiancante quello del Datore di Lavoro e del Direttore dei Lavori, quando impartisca direttive o coordini i lavori o conferisca progetti di opere fonte di pericolo, o quando abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose (Cassazione 8134/1992);
ha un obbligo generale di verifica della situazione antinfortunistica complessiva all’interno del cantiere, anche se il giudice deve verificare, per stabilire la sua responsabilità penale, quale sia stata l’incidenza della sua condotta nella causazione dell’evento, a fonte alla verifica della capacità professionale dell’appaltatore, in presenza di situazioni di pericolo immediatamente percepibili (Cassazione 27296/2016);
la sua responsabilità è posta in collegamento con l’affidamento dell’opera e la sua posizione di garanzia deriva dal suo dovere di sicurezza, per impedire che nell’esecuzione dell’opera si inserisca un soggetto professionalmente inadeguato;
scelga diligentemente l’Appaltatore o del prestatore d’opera a cui affidare i lavori, così come  indicato dall’art. 90 ed è così responsabile civilisticamente anche verso i terzi, se sceglie un appaltatore inidoneo (Cassazione 1234/2016).

La Cassazione ha ricordato che il Dlgs 81/2008 pone a carico del Committente proprio l’obbligo di scegliere adeguatamente l’impresa, verificando che la stessa sia iscritta alla CCIAA, sia dotata del documento di valutazione dei rischi e non sia destinataria di provvedimenti interdittivi o sospensivi, previsti dall’articolo 14.

Se la scelta dell’impresa non avviene secondo tali criteri, il Committente assume però gli oneri di garante della sicurezza, in quanto l’assenza del conferimento dell’incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto adeguato non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti alle opere, i quali devono essere comunque garantiti.

La cattiva scelta dell’esecutore si trasforma così in ingerenza nei lavori, in quanto li rende insicuri, e comporta, per il Committente, l’assunzione della posizione di garanzia.

Il committente ha anche l’obbligo di curare che tutti i lavori, i quali non si svolgano contestualmente, siano affidati ad un soggetto determinato e che ne curi l’esecuzione.

Pertanto, ogni opera che sia svolta al di fuori dell’incarico conferito costituisce, per il Committente, un’ingerenza nei lavori, con la conseguente assunzione diretta della posizione di garanzia in relazione ai rischi collegati all’attività.

In merito poi al rapporto tra il Committente ed il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE), è escluso che il primo possa/debba ingerirsi nell’operato del secondo e quindi che possa/debba occuparsi del merito tecnico delle questioni: lo vietano non solo la mancanza di competenza, ma anche “il sistema normativo complessivo”.

Il Committente deve controllare che il documento (PSC) vi sia, che sia stato redatto, e che non sia evidentemente inadeguato (ad esempio, perché non riguarda quello specifico cantiere)

Verificherà che il CSE si sia recato in cantiere e non lo abbia abbandonato ma, non potrà richiedere al Committente di valutare le scelte del Coordinatore e contestargli contenuto e qualità delle scelte.

Ancora non si può pretendere dal Committente un controllo sulla applicazione in cantiere delle regole di sicurezza: nessuna norma prevede.