CONTROLLI SUI CANTIERI DEI BONUS EDILIZI: DURC DI CONGRUITA’ E ATTIVITA’ DI VIGILANZA

Torniamo a parlare del Durc di congruità e sicurezza in cantiere dopo alcune notizie apparse in questi giorni.

Innanzitutto, senza Durc di congruità, l’impresa rischia di perdere i benefici delle detrazioni fiscali.

Dalle Faq pubblicate il 15 febbraio 2022 dalla Commissione Nazionale paritetica delle Casse Edili (CNCE) a seguito dell’entrata in vigore, l’1 novembre 2021 del Durc di congruità anche nel settore dei lavori privati per importi oltre i 70mila euro.

Scorrendo i sette quesiti presentati si può evincere che:

1- In caso di mancata congruità, l’impresa perde i benefici delle detrazioni fiscali per interventi edilizi alla luce di quanto previsto dal DM 41/1998?

CNCE sottolinea come gli effetti della mancanza della congruità potrebbero arrivare anche sul mancato riconoscimento dei benefici previsti in materia di detrazioni fiscali: l’art. 5, comma 6, del DM n. 143/21 dispone infatti che “In mancanza di regolarizzazione, l’esito della verifica di congruità riferita alla singola opera, pubblica e privata, incide, dalla data di emissione, sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzata al rilascio per l’impresa affidataria del Durc on-line (…)”.

Si verifica la previsione di cui all’art. 4 del DM 41/98 Iettera d) “Casi di diniego della detrazione”, la quale stabilisce che “La detrazione non è riconosciuta in caso di: d) violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di Iavoro e nei cantieri, nonché di obbligazioni contributive accertate dagli organi competenti e comunicate alla direzione regionale delle entrate territorialmente competente”.

2- La Cassa Edile/Edilcassa può rilasciare i codici necessari per la richiesta di attestazione (CUC e Codice di Autorizzazione) sia ai committenti pubblici che ai committenti privati che ne facciano richiesta?

Si: la Cassa Edile/Edilcassa deve rilasciare i codici (CUC e Codice di Autorizzazione) ai committenti individuati dalla norma quali soggetti legittimati alla richiesta dell’attestazione di congruità (cfr. art. 4, comma 1 del DM n. 143/2021). Il sistema CNCE Edilconnect prima della scadenza prevista per la presentazione delle denunce e del relativo versamento, mette a disposizione i codici all’impresa affidataria solo laddove l’opera risulti congrua. Diversamente la Cassa dovrà informare il committente richiedente che il rilascio sarà possibile solo dopo la data di scadenza dei versamenti, a carico dell’impresa affidataria, propedeutici al rilascio di un’attestazione di congruità.

3- Cosa accade nel caso in cui trascorsa la data di “fine Lavori” dell’opera, nessuno provveda alla richiesta della attestazione di congruità della manodopera?

Il Sistema CNCE EdiIconnect attualmente provvede all’invio mensile di un riepilogo alle imprese affidatarie degli appalti inseriti nel sistema, contenente tutte le informazioni relative allo stato dell’appalto, ai cantieri conclusi per i quali non sia richiesta l’attestazione e ai dati relativi al contatore di congruità.

4- Come ci si comporta, ai fini della congruità, nel caso di consorzi ex art. 45, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 50/2016?

CNCE precisa che, salvo il caso in cui i consorzi di cui alla fattispecie richiamate alle lett. b) e c) dell’art. 45 del D.Lgs. n. 50/2016 (consorzi tra società cooperative di produzione e Iavoro e consorzi stabili) eseguano essi stessi i Iavori oggetto del contratto d’appalto, nel caso in cui titolare del contratto di appalto sia un consorzio tra imprese che svolga la funzione di promuovere la partecipazione delle imprese aderenti agli appalti pubblici o privati, anche privo di personale deputato alla esecuzione dei lavori, l’impresa affidataria è l’impresa consorziata assegnataria dei lavori oggetto del contratto di appalto individuata dal consorzio nell’atto di assegnazione dei lavori comunicato al committente o, in caso di pluralità di imprese consorziate assegnatarie di lavori, quella indicata nell’atto di assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che abbia espressamente accettato tale individuazione. Ai fini dell’individuazione dell’impresa affidataria, la norma di cui sopra dovrà leggersi in combinato disposto con l’art. 48 , comma 7 (secondo periodo) del D.Lgs. n. 50/2016.

5- Cosa accade laddove sussiste un evidente scostamento tra il costo complessivo dell’opera e il costo dei lavori edili?

Nel caso di scostamento tra costo complessivo dell’opera e costo dei lavori edili, le Casse Edili/Edilcasse potranno procedere agli accertamenti del caso, per evidenziare eventuali criticità, maggiori informazioni in merito e regolarizzazioni.

6- È necessario indicare nel sistema CNCE Edilconnect il nominativo del direttore dei lavori?

L’art. 5, comma 4 del DM n. 143/2021 determina che è necessario indicare il direttore dei lavori. Qualora il committente non abbia proceduto alla nomina del direttore dei lavori stesso, sarà consentita l’indicazione del referente tecnico dell’impresa, che comunque non sarà legittimato.

7- Come deve essere conteggiata la manodopera dei lavoratori distaccati da imprese di paesi convenzionati con l’Italia (Francia, Germania, Austria, Rep. San Marino)?

Per questa tipologia di lavoratori sussiste l’esonero dall’iscrizione in Cassa alla luce degli accordi di reciprocità, per cui l’ambito di riferimento è l’art. 5, co. 5 del DM che prevede la possibilità di giustificare costi non registrati in Cassa attraverso l’esibizione di “documentazione idonea” che potrebbe essere costituita anche dalle fatture attestanti il costo del lavoro.

 

Passando invece alle attività di controllo per la sicurezza in cantiere ed il legame che si pone con i benefici delle detrazioni, c’è da dire che diversi controlli sulle attività edili sono state effettuate da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La nota del 23/02/2022 n. 1231, indirizzata all’INL, al Comando Carabinieri tutela Lavoro, all’Inps e all’Inail, fermo restando gli obiettivi essenziali e le modalità di controllo generali, definisce, quali destinatari “privilegiati” degli interventi ispettivi, i numerosi cantieri edili che beneficiano di agevolazioni fiscali finalizzate al recupero o al restauro delle facciate esterne degli edifici esistenti (bonus facciate), nonché agli interventi di ristrutturazione edilizia (bonus ristrutturazioni o 110%).

Poi, le verifiche dovranno essere indirizzate in particolare nei confronti di aziende di nuova costituzione, nonché di quelle che, dopo un lungo periodo di inattività, abbiano ripreso a operare in coincidenza della vigenza dei bonus fiscali.

La programmazione degli interventi ispettivi potrà tener conto delle notifiche preliminari che perverranno agli Ispettorati territoriali, di fondate segnalazioni, ovvero dello scambio di informazioni con le Casse edili.

Le verifiche già svolte sino ad ora hanno evidenziato che la maggior parte delle irregolarità riguarda: mancata formazione e addestramento dei lavoratori, mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi e del piano operativo di sicurezza; mancata protezione da caduta nel vuoto. Aspetti su cui i controlli porranno particolare attenzione. La nota dell’Inl ricorda anche che per i ponteggi è necessaria l’autorizzazione ministeriale per la loro costruzione, impiego, commercializzazione.

Dato che poi, i cantieri interessati alla speciale attività di vigilanza riguardano essenzialmente l’esecuzione di appalti su fabbricati civili, condominiali e non, è evidente la responsabilità, anche penale, alla quale possono essere chiamati a rispondere i committenti, sia per quanto riguarda la materia della salute e sicurezza sul lavoro, sia per quanto riguarda la solidarietà che è imposta loro in caso di evasione od omissione assicurativa e previdenziale, nonché in caso di inosservanza della normativa contrattuale a favore dei lavoratori dipendenti dall’impresa appaltatrice e/o subappaltatrice dei lavori.

Si ricorda che le agevolazioni fiscali non sono riconosciute in caso di violazione delle citate norme di tutela, accertate dagli organi competenti e comunicati alla direzione regionale territorialmente competente.

Edifici unifamiliari ed unità autonome: problematiche per provare ad accedere al Superbonus 110%

Nella possibilità di poter accedere alle agevolazioni del Superbonus, molti si interrogano sul concetto di edificio considerato nella sua interezza, sul concetto di unità immobiliare autonoma ed indipendente piuttosto che di Condominio perché in presenza anche di parti comuni tra le unità autonome.

Quali sono gli aspetti più complessi nella definizione di “edificio”?
In realtà esiste una sola eccezione alla “regola”: l’unità immobiliare con accesso autonomo e indipendenza funzionale.

Se fiscalmente, nel corso di questi mesi abbiamo via via compreso sempre più le caratteristiche che devono possedere le unità immobiliari per poter accedere autonomamente alla misura fiscale del 110%, permangono dubbi dal punto di vista civilistico. Casi e dubbi che si presentano all’ordine del giorno ai professionisti.

Le unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalmente indipendenti possono accedere al superbonus 110% senza la necessità di coinvolgere le altre unità presenti nello stesso edificio?

L’art. 119 equipara gli interventi eseguiti sugli edifici unifamiliari a quelli effettuati “sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno”, sia in termini di massimali e sia di scadenze agevolative.

E’ l’Agenzia delle Entrate nella Circolare 30/E/2020 e in molteplici risposte a interpello che spiega cosa si debba intendere per unità funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo.

Quindi, sia per l’art. 119 sia per la prassi fiscale si ritenere che, nell’ambito di un edificio plurifamiliare, costituito o no in condominio, il proprietario della singola unità è libero di fare autonomamente gli incartamenti necessari per accedere al Superbonus e anche i lavori. I motivi? I più svariati, non solo di natura tecnica. Quante volte intervengono questioni personali o relazionali, soprattutto nei Condomini. Oppure potrebbe trattarsi di problemi economici, o prudenziali perché, si sa, il Superbonus porta con sè dei rischi che non tutti si sentono di voler “sostenere”.

Proprio per semplificare l’accesso al 110% e permettere ad una platea più vasta di potervi accedere, il Legislatore ha introdotto il concetto di unità funzionalmente indipendente e con accesso autonomo, che per i bonus ordinari non funziona.

Ma i casi reali sono talmente tanti e diversi che volta per volta è difficile trovare anche delle facili soluzioni.

Dal punto di vista civilistico, infatti, l’indipendenza o meno (perché potrebbe essere utile alle volte anche quella) non è sempre così netta come vorrebbe la normativa fiscale.

Un esempio: caseggiato a sviluppo orizzontale, la classica bifamiliare all’italiana o a un edificio in linea. I proprietari delle unità indipendenti, come detto sopra, possono procedere individualmente.

Però non sempre, perché sotto il profilo civilistico sono comunque “fatti salvi i diritti dei terzi”.

Oltretutto i lavori strutturali presuppongono sempre un approccio progettuale riferito all’intera “unità strutturale”.

Dal punto di vista fiscale cosa cambia alle altre unità immobiliari che successivamente alla prima volessero intervenire utilizzando il Superbonus 110%?

Dipende dall’iter dei lavori: se ciascuno degli altri proprietari decide di sfruttare l’autonomia funzionale della propria unità immobiliare e di fare il Superbonus per conto proprio il ragionamento funziona, nel senso che ciascuno sfrutterà i singoli limiti di spesa che gli competono.

Ma se, a un certo punto, volesse attivarsi il “Condominio”, perché magari ne fanno parte unità non indipendenti funzionalmente, si pongono molteplici dubbi interpretativi.

Infatti, se una parte dell’edificio è stata precedentemente ristrutturata per iniziativa del singolo proprietario e ha sfruttato i propri “intrinsechi” massimali di spesa derivanti dall’indipendenza funzionale, non è chiaro se essa concorra o meno al calcolo dei massimali di spesa di cui avrebbe diritto il condominio. Verrebbe da pensare di no. Ad oggi non ci sono però chiarimenti ufficiali.

E’ stato fatto l’esempio di una trifamiliare, comprendente due unità non indipendenti e una autonoma. Questa, qualora agisca singolarmente, avrà come massimale per l’efficientamento energetico dell’involucro disperdente un importo pari a 50.000 euro, spendibile ad esempio per coibentare le pareti perimetrali.

Se le altre due unità, non funzionalmente indipendenti, fossero interessate a coibentare (oltre alle restanti facciate), anche l’intera copertura, potrebbero fruire solo di 40.000 euro ciascuna, che è il massimale riservato ai condomini composti da 2 a 8 unità immobiliari. Tale importo potrebbe risultare insufficiente per fare tutto il lavoro.

È evidente che in mancanza di un accordo “quadro”, condiviso tra tutti i condomini, ovvero di una delibera che tenga conto delle reali esigenze dell’edificio e della modalità di ripartizione delle spese, queste situazioni potrebbero prestarsi a contenziosi.

Dal punto di vista pratico, in materia di edilizia, come deve essere poi compilata la CILAS?

Infatti la compilazione della CILAS mette in luce meglio di ogni altra cosa l’intreccio tecnico-giuridico che esiste tra le parti di proprietà esclusiva e le parti condominiali, che diviene particolarmente delicato se ci sono di mezzo i bonus fiscali.

Si ricorda che per la nascita del Condominio non è necessario un atto formale di costituzione, essendo sufficiente la presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà delle distinte unità immobiliari che lo compongono e la presenza di parti comuni.

Continuiamo con l’esempio: Tizio compila la CILAS perchè vuole eseguire interventi di efficientamento energetico della facciata e del tetto della propria unità funzionalmente indipendente facente parte di un edificio plurifamiliare non costituito in Condominio e di cui sono proprietari anche Caio e Sempronio.

Trattandosi di interventi su parti comuni, Tizio dovrà anzitutto specificare la sua titolarità ad eseguire l’intervento, come richiesto al quadro a) del modulo CILAS pubblicato nel sito del Governo. Dovrà pertanto qualificarsi come “comproprietario dell’immobile interessato dall’intervento” poiché, pur essendo proprietario esclusivo del suo appartamento funzionalmente indipendente, condivide la proprietà delle parti comuni con Caio e Sempronio. Dovrà poi specificare nel punto a.1), per lo stesso motivo, di “non avere titolarità esclusiva all’esecuzione dell’intervento”.

Poi sarà tenuto a dichiarare, ovviamente sotto la propria responsabilità, al quadro b) “che le opere oggetto della comunicazione di inizio lavori riguardano parti comuni di un fabbricato con più proprietà, non costituito in condominio, come risulta dall’allegato soggetti coinvolti”.

Dovrà così specificare le generalità di questi “soggetti”, chiedendo a Caio e a Sempronio di firmare la relativa scheda da allegare alla CILAS.

Facile se i tre sono d’accordo. Ma, nei casi in cui il ricorso all’opzione dell’indipendenza funzionale non discenda da motivi tecnici ma da motivi “personali”? Cosa potrebbe accadere?

In realtà il modulo della CILAS sembrerebbe offrire una facilitazione, che però non è sempre applicabile. Al punto b.5) permette, infatti, di dichiarare l’esecuzione di opere che “riguardano parti dell’edificio di proprietà comune ma non necessitano di assenso perché, secondo l’art. 1102 c.c., apportano, a spese del titolare, le modificazioni necessarie per il miglior godimento delle parti comuni non alterandone la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di usufruirne secondo il loro diritto”.

Ma, quali sono le opere “necessarie per il miglior godimento delle parti comuni”, che non impediscono “agli altri partecipanti di usufruirne secondo il loro diritto” e che pertanto “non necessitano di assenso”?

Un mondo dal punto di vista giuridico.

Nel nostro caso Tizio, per intervenire sulla facciata (diciamo per eseguire il cappotto e sostituire gli infissi) e sul tetto (per installare pannelli fotovoltaici), dovrà essere attento a farsi autorizzare da Caio e da Sempronio, per iscritto e in modo chiaro, allegando il progetto e il capitolato delle opere che intende eseguire.

Ciò perché la giurisprudenza è unanime nell’affermare che gli interventi eseguiti dal singolo proprietario sulle parti comuni non devono in alcun modo alterare il “decoro” dell’edificio, oltre ovviamente alla sicurezza e alla stabilità.

L’art. 1120 del Codice Civile afferma infatti “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.

In modo del tutto analogo l’art. 1122-bis del Codice Civile afferma “Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, … adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio…”

Si comprende così che l’interessato deve operare con la massima diligenza, comunicando “il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi”.

Per intenderci non basta un generico “foglio” firmato dagli altri condomini.

Bisogna capirsi bene e in modo esplicito, perché l’azione a tutela del decoro architettonico è imprescrittibile, ovvero può esser fatta valere sempre, anche (in mancanza di un valido accordo) dai futuri proprietari delle parti comuni.

Quindi occorre fare attenzione quando si eseguono opere che possono mutare l’aspetto architettonico, non solo degli edifici di pregio storico-artistico ma anche delle normali palazzine di periferia.

Secondo alcune sentenze (ad esempio quella del Tribunale di Milano, sentenza 836 del 25 gennaio 2018), la tutela del decoro si estende persino alla colorazione esterna degli infissi.

Nessuno sa bene cosa potrebbe accadere se un giorno, a seguito di una causa, un Giudice dovesse ritenere illegittime – e quindi ordinare la riduzione in pristino – di opere edilizie su parti comuni che hanno fruito di benefici fiscali.

La sentenza potrà essere trasmessa dalla Cancelleria del Tribunale (su richiesta del Magistrato) anche all’Agenzia delle Entrate, con conseguente revoca del beneficio e sanzioni, che potrebbero riguardare anche i professionisti che hanno certificato la corretta esecuzione dei lavori.

Proroga Superbonus 110% unifamiliari: come deve essere il 30% al 30/06/2022?

Diversi quesiti stanno pervenendo all’Agenzia delle Entrate in merito alla definizione del 30% dei lavori svolti per ottenere la proroga del Superbonus per villette unifamiliari.

Il pagamento della sola parte di fornitura dei beni, con prova di arrivo franco cantiere (foto e/o bolla di consegna) può essere considerata come “lavoro”? Quindi, in questo senso, la fornitura avvenuta può essere parte integrante del lavoro anche senza la posa od altre operazioni in loco?

L’ormai famoso art. 119, al comma 8-bis, afferma che: “Per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo”.

Ma cosa sono i “lavori effettuati”?

Ai fini della proroga dei pagamenti al 31 dicembre 2022, non è sufficiente la mera fornitura di materiali, nemmeno se provata con foto e/o bolle di consegna come richiesto all’Agenzia delle Entrate. Infatti la  fornitura franco cantiere, priva di posa in opera, non costituisce un lavoro effettuato bensì una “provvista”, da annotarsi come tale a cura del Direttore dei Lavori nel “libretto delle misure”, in conformità al DM 7 marzo 2018, n. 49.

Attenzione: non bisogna confondere poi le spese con i lavori.

Le spese sostenute (ovvero pagate, in applicazione del principio di cassa) entro il 30 giugno 2022 sono certamente agevolabili al 110% ancorché entro tale data non risulti eseguito il 30% dell’intervento complessivo.

Il 30 giugno 2022 rappresenta dunque la scadenza per eseguire i pagamenti, prorogabile di sei mesi solo nel caso in cui si verifichino le condizioni (inerenti ai lavori) indicate nel comma 8-bis.

Cosa accade se al 30 giugno non ci sono i lavori?

Il proprietario di una casa unifamiliare potrà decidere di aprire il cantiere anche a ridosso della scadenza del 30 giugno, purché entro tale data effettui un bonifico parlante in favore della (o delle) impresa esecutrice pari all’importo per il quale intende fruire del 110%.

In presenza di disponibilità economiche (fondi propri o prestito bancario), potrà anticipare il pagamento dell’intero importo dell’appalto (previa fideiussione), incamerando in tal modo i corrispondenti crediti fiscali derivanti dal Superbonus. Il “rimborso” potrà poi avvenire solo con la modalità della detrazione diretta in dichiarazione dei redditi, in 4 rate di pari importo per i prossimi 4 anni, poiché il comma 1-bis dell’art. 121 prevede che “L’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori…”. Quindi senza lavori non ci può essere uno stato di avanzamento e senza stato di avanzamento non ci può essere alcuna opzione alternativa ad un “utilizzo diretto della detrazione”.

Se il pagamento effettuato prima del 30 giugno fosse inferiore all’importo totale dell’appalto, sulla parte rimanente, pagabile in corso d’opera o a fine lavori secondo accordi contrattuali, si potrà fruire delle detrazioni ordinarie:

  • 50% per ristrutturazione edilizia
  • 70% per sismabonus con miglioramento di una classe di rischio sismico
  • 80% per sismabonus con miglioramento di due o più classi di rischio sismico
  • 65% per ecobonus.

Chi invece riuscirà a eseguire almeno il 30% dei lavori complessivi entro il 30 giugno?

Ci saranno tre possibilità in più:

  1. fare lo sconto in fattura, anche a SAL, da una impresa che a sua volta cederà il credito a una banca;
  2. fare lo sconto in fattura, anche a SAL, da una impresa che userà il credito in prima persona per compensare le proprie imposte;
  3. cedere il credito d’imposta ad un istituto di credito.

Infine, il Decreto indica quando vanno iniziati i lavori per accedere al Superbonus, sicuramente prima del 30 giugno 2022, ma non dice quando vanno terminati.

Indicazioni arrivano dall’interrogazione parlamentare num. 5-07055 del 17 novembre 2021, in occasione della quale l’Agenzia delle Entrate ha affermato che:

“Relativamente al periodo temporale nel quale gli interventi devono essere completati, si osserva che – ancorché le norme sopra citate non stabiliscano il termine entro il quale i lavori debbano essere ultimati ai fini del consolidamento della detrazione o dell’esercizio dell’opzione per una delle modalità alternative alla fruizione diretta della detrazione medesima – come già precisato in diverse occasioni, risulta necessario, ai predetti fini, che gli interventi vengano comunque ultimati.”

 

 

 

 

Decreto MiTE su Bonus Edilizi e Superbonus 110: ma alla fine i prezzi ammessi sono ancora più alti?!

Da quanti mesi partecipiamo a discussioni, leggiamo articoli su tutti media, vediamo trasmissioni televisive con imprese e professionisti chiamati a discutere di costi e fornitori di materie prime accusati di gonfiare i prezzi delle stesse ed alla fine di truffe nei confronti dello Stato?

Il mondo dell’edilizia che si muove con i Bonus e Superbonus si è via via rallentato prima con il blocco delle cessioni dei crediti e poi per l’attesa del nuovo decreto sulla congruità delle spese… per non parlare delle normative ed interpretazioni che escono praticamente all’ordine del giorno.

Così, in un quadro economico in cui le imprese hanno già cominciato ad andare in crisi di liquidità, i cantieri si sono arrestati in attesa di sapere cosa sarebbe successo…… esce il Decreto MiTE che AUMENTA i costi specifici e li rende esclusi dalla manodopera d’installazione, dalle spese generali e utile d’impresa, dall’IVA, dalle spese tecniche.

Per gli addetti ai lavori questo intervento è praticamente inutile! Il Superbonus, da sempre, richiede l’asseverazione dei costi.

Questa norma è solo un’aggiunta di burocrazia in quanto pone un’ulteriore verifica per gli asseveratori.

In sostanza? NON CAMBIA NULLA!!!!

Comunque, vediamo il testo ufficiale del Decreto Ministero della Transizione Ecologica del 14/02/2022 n. 75 che riporta i costi massimi specifici agevolabili ai fini dell’asseverazione della congruità delle spese di cui all’articolo 119, comma 13, lettera a) e all’articolo 121, comma 1-ter, lettera b), del decreto-legge n. 34 del 2020.

Il Decreto è composto da 5 articoli e 1 allegato:

· Articolo 1 – Finalità

· Articolo 2 – Ambito di applicazione

· Articolo 3 – Costi massimi ammissibili

· Articolo 4 – Modifiche al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 6 agosto 2020, recante “Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici – c.d. Ecobonus

· Articolo 5 – Aggiornamento ed entrata in vigore

· Allegato A Costi massimi specifici

Il Decreto stabilisce che i nuovi costi previsti nell’allegato A dovranno essere utilizzati per gli interventi per i quali la richiesta del titolo edilizio, ove necessario, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso che entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Entro il 1° febbraio 2023 e successivamente ogni anno, i costi massimi di cui all’Allegato A saranno aggiornati in considerazione degli esiti del monitoraggio svolto da ENEA sull’andamento delle misure di cui all’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 e dei costi di mercato.

L’art. 119, comma 15, del decreto-legge n. 34 del 2020, per gli interventi di cui all’Allegato A indica che sono ammessi alla detrazione gli oneri per le prestazioni professionali connesse alla realizzazione degli interventi, per la redazione dell’attestato di prestazione energetica APE, nonché per l’asseverazione di congruità, secondo i valori massimi di cui al decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016 recante approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’articolo 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

Per le tipologie di intervento non ricomprese nell’Allegato A, l’asseverazione di congruità certifica il rispetto dei costi massimi specifici calcolati utilizzando i prezziari predisposti dalle Regioni e dalle Province autonome o i listini delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti sul territorio ove è localizzato l’edificio o i prezziari pubblicati dalla casa editrice DEI.

Allegato A

I costi esposti nelle seguenti tabelle sono al netto di:

· IVA;

· prestazioni professionali;

· opere relative alla installazione e manodopera per la messa in opera dei beni.

Dal confronto tra il Decreto MiTE ed il MiSE, riportiamo la seguente tabella:

Fonte LavoriPubblici.it

Non ci sono riferimenti a formule “tutto compreso” e “chiavi in mano” come si era sentito dire nei giorni scorsi.

 

 

 

 

I numeri delle frodi e quanto pesano in realtà quelle sul Superbonus?

Su tutti i Media si parla, ormai da mesi, delle frodi fiscali legate ai Bonus Casa e li si attribuisce indiscriminatamente al Superbonus 110%.

Poi, lo Stato preso “sorprendentemente alla sprovvista” da chi ha capito come innescare delle truffe, blocca la cessione dei crediti e finisce per paralizzare l’intera economia perché non è in grado di controllare adeguatamente i processi.

Il Governo, per voce del premier Draghi, non si è mai visto favorevole a queste iniziative ma il Parlamento ha sostenuto questi interventi anche per l’impatto economico e di riqualificazione energetica.

Da maggio 2020 ad oggi come sono andate in realtà le cose?

Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione al Senato sul disegno di legge di conversione del Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-Ter) ha presentato alcuni dati:

·         4.787.653 sono state le comunicazioni di cessione o sconto in fattura;

·         38,4 miliardi di euro le detrazioni cedute;

·         4,4 miliardi di euro i crediti inesistenti (11.5% dei crediti generati).

Nello specifico la suddivisione delle detrazioni per singola misura fiscale è così rappresentata:

La misura fiscale più soggetta a frodi fiscali è quella che fino al 12 novembre 2021 non prevedeva alcun controllo ovvero il Bonus Facciate.

Si tratta di quella destinata al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti (inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna) ubicati in zona A (centri storici) o B (parti già urbanizzate, anche se edificate in parte).

Due i suoi lati deboli e che l’hanno esposta al maggior raggiro:

·         l’assenza di limiti di spesa;

·         l’assenza di riferimenti tariffari e congruità delle spese.

Queste caratteristiche, unite alla possibilità di cedere il credito, hanno generato la maggior parte delle frodi individuate sino ad ora.

Così dal 12 novembre 2021 si è messo mano alle regole anche del Bonus Facciate (e a tutti i Bonus Edilizi), con un meccanismo di cessione del credito che scongiurerà sicuramente uno scenario come quello presentatosi prima.

Il Decreto Legge n. 157/2021 (Decreto Antifrode) ha stretto i controlli, già previsti per il Superbonus 110%, estendendoli a tutti i Bonus Edilizi che utilizzano il meccanismo di cessione del credito.

Queste modifiche, e qualche altra disposizione, sono entrate nella Legge n. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022) stringendo così le possibilità di creare finti crediti.

Il Governo ha poi deciso di limitare il meccanismo della cessione del credito ovvero il motore che ha sorretto tutti i bonus edilizi nel biennio 2020-2021 bloccando però tutto un comparto in cui di buono c’è molto anche se ci sono delle frodi. Ora interverrà con dei correttivi che dovrebbero trovare posto in un emendamento a cui sta lavorando unitamente al Parlamento.

La prospettiva, però, sembra chiara: non si potrà pensare ad un futuro in cui l’edilizia sia mossa solo da strumenti extra, o di portata simile, ai Bonus attuali.

Limitazioni normative e Bonus CASA: convengono ancora gli interventi?

Tutti gli interventi che si sono susseguiti in questi ultimi mesi sui Bonus Casa fanno sorgere ora il dubbio se valga la pena ancora intervenire per riqualificare il proprio immobile.

Chi ha il cantiere in essere è in agitazione per il divieto di cessioni successive alla prima e non solo.

Così, chi non ha ancora avviato i cantieri, o non ha ancora maturato un credito cedibile, comincia a fare i conti sulla “nuova” convenienza di queste operazioni.

Il quadro normativo ancora in evoluzione, con risvolti alle volte imprevedibili e con indicazioni postume che alle volte correggono o interpretano direttamente la normativa, come accade con gli interventi dell’Agenzia delle Entrate, disegnano una situazione al limite del reale dove però i  vari operatori si trovano a lavorare.

Sappiamo che gli interventi fatti sono stati dettati dalla volontà di contrastare le frodi ma, l’effetto indiretto, è drastico e preoccupante, tanto che anche il mondo politico comincia a rendersene conto da più parti.

Tutta questa incertezza spinge a far riprendere in considerazione il sistema di recupero diretto delle detrazioni, in dichiarazione dei redditi sotto forma di riduzione dell’imposta.

Facciamo un confronto con il cambio della caldaia in una casa monofamiliare.

Il costo “chiavi in mano” del nuovo impianto che può essere agevolato con ecobonus al 65% (supponiamo pari a 6mila euro). Se la ditta offre lo sconto in fattura, il proprietario deve pagare 2.100 euro, più gli oneri finanziari di circa 850 euro (a copertura dei costi sostenuti dall’impresa per farsi anticipare la liquidità e cedere a una banca il bonus). Tenendo conto di tutto, il proprietario chiuderebbe l’operazione pagando circa metà della spesa ed eviterebbe i costi extra per l’asseverazione e il visto di conformità (non necessari, secondo la manovra 2022, per i lavori fino a 10mila euro e in edilizia libera). Senza sconto in fattura – e senza cessione – dovrebbe invece pagare tutti i 6mila euro subito e poi recuperare 3.900 euro come sgravio dall’Irpef spalmato in dieci anni dal 2023.

Il caro prezzi, l’inflazione, ecc. rendono meno vantaggioso il rimborso fiscale decennale….

Ma non è questo oggi l’inconveniente principale delle detrazioni.

Infatti, i dubbi sono maggiori se l’investimento è “consistente” perchè il bonus arriva a cifre che pochi possono scaricare in dichiarazione. Ad esempio, acquistare una villetta dal costruttore con il sismabonus può lasciare una detrazione di 16.320 euro all’anno per 5 anni, che per essere assorbita richiede un reddito di almeno 54.500 euro (sempre che non ci siano altre detrazioni). Un livello reddituale raggiunto da una piccola parte degli italiani. Il superbonus poi, che dal 2022 si recupera in quattro rate.

E i forfettari che, non pagando Irpef, hanno bisogno di cessione o sconto in fattura?

Poi, non dimentichiamo che per utilizzare direttamente le detrazioni, il proprietario committente deve essere in grado di anticipare tutta la spesa ed di “aspettare” il recupero parziale e distribuito nel tempo.

Anche se gli studi fatti sulle dichiarazioni del 2020 hanno dimostrato che circa un quarto degli italiani abbia preferito il bonus del 50%, dimostrando che lo strumento della detrazione comunque funziona, bisogna però rilevare che si tratta per lo più di lavori su abitazioni singole e di piccoli interventi condominiali.

Le opere di riqualificazione dei Condomini, invece, sono molto difficili da deliberare senza meccanismi di cessione del credito e contestuale finanziamento. Oltretutto è frequente che, anche quando il bonus viene ceduto e il condominio si fa finanziare, se la detrazione non è molto elevata, i proprietari devono comunque farsi carico di una quota significativa dei costi.

Ed infine, sebbene questa sia una grande opportunità per riqualificare il nostro patrimonio immobiliare e pensare alla sostenibilità, alcuni sollevano il dubbio se sia corretto che lo Stato debba continuare a finanziare con la fiscalità generale la riqualificazione edilizia del nostro Paese

E’ sufficiente la comunicazione al GSE per usufruire del Superbonus 110% per le spese del Fotovoltaico?

Tra gli argomenti più discussi in tema di Superbonus c’è il fotovoltaico e la corretta procedura da seguire per poter portare le spese in detrazione al 110%.

L’art. 119, comma 5 del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ha previsto la possibilità di portare in detrazione al 110% le spese sostenute per l’installazione di impianti solari fotovoltaici (intervento trainato) connessi alla rete elettrica su edifici, se realizzati congiuntamente ad uno degli “interventi” trainanti di Superbonus.

L’istallazione del fotovoltaico viene trainato dai seguenti interventi:

– isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali o inclinate che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% (cappotto termico), compresa la coibentazione del tetto, senza limitare il concetto di superficie disperdente al solo locale sottotetto eventualmente esistente;

– interventi sulle parti comuni per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale;

– interventi sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti;

– interventi di riduzione del rischio sismico di cui ai commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.

Ancora, il Superbonus 110% è riconosciuto anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati con la detrazione di cui al medesimo comma 5, alle stesse condizioni, negli stessi limiti di importo e ammontare complessivo e comunque nel limite di spesa di euro 1.000 per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema di accumulo.

La normativa prevede che sia possibile detrarre al 110% le spese sostenute fino ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a euro 48.000 e, comunque, nel limite di spesa di euro 2.400 per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico. Se l’intervento si configura come ristrutturazione edilizia, nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica (art. 3, comma 1, lettere d), e) e f), del Testo Unico Edilizia), il predetto limite di spesa è ridotto ad euro 1.600 per ogni kW di potenza nominale.

Però, il Superbonus 110% a fotovoltaico e sistemi di accumulo è subordinato alla cessione in favore del Gestore dei servizi energetici (GSE) dell’energia non autoconsumata in situ ovvero non condivisa per l’autoconsumo.

Purtroppo, ad oggi, accade che tra il momento di presentazione dell’istanza al GSE e l’accettazione necessaria alla successiva attivazione della convenzione, trascorra molto tempo. Questo fattore potrebbe diventare “pericoloso” in vista delle scadenze delle agevolazioni.

Ma nel dubbio, per portare in detrazione è sufficiente la presentazione dell’istanza, la successiva accettazione del GSE o addirittura la convenzione?

Ha risposto a questi dubbi direttamente l’Agenzia delle Entrate (risposta n. 57 del 31/01/2022).

Dopo aver ripercorso tutto il processo di approvazione della cessione dell’energia al GSE, in merito alla procedura di ammissione al servizio di ritiro dedicato per la remunerazione dell’energia non auto-consumata in sito, ovvero non condivisa per l’autoconsumo, prevede che il GSE effettui un’istruttoria in merito ai profili di propria competenza al fine di verificare se l’impianto di produzione possa essere ritenuto idoneo a tal fine.

Al termine della predetta istruttoria, il GSE comunica al contribuente l’accettazione dell’istanza, a mezzo mail, propedeutica alla successiva attivazione della convenzione. A seguito dell’invio dell’accettazione dell’istanza, il contribuente è tenuto a sottoscrivere e inviare una copia della convenzione al GSE il quale provvederà a perfezionare il contratto.

In considerazione dell’iter procedimentale sopra descritto, è stato allora chiarito che il contribuente può fruire del Superbonus 110% anche nelle more del perfezionamento del contratto col Gestore dei servizi energetici a condizione, tuttavia, di essere in possesso della comunicazione di accettazione dell’istanza da parte del GSE.

La cessione del credito da Superbonus nei Condomini: come comportarsi alla luce del Decreto Sostegni ter?

Anche i cantieri del Superbonus nei Condomini risentono delle conseguenze del Decreto Sostegni Ter.

Il limite posto ad una sola cessione del credito, a partire dal 27 gennaio 2022, comporta la nullità dei contratti che prevedono una cessione successiva a quella realizzata direttamente dal beneficiario della detrazione.

Allo stesso modo la cessione effettuata dal fornitore che ha concesso lo sconto in fattura.

Unica eccezione riguarda i crediti già ceduti prima dell’entrata in vigore del Decreto, che potranno essere ceduti altre volte, secondo i vecchi schemi, entro il 6 febbraio.

Ma la situazione da affrontare nella realtà è ben diversa perché tanti non han ancora ceduto nulla, altri stavano per farlo e magari avevano aspettato di partire con i lavori la proroga della legge di Bilancio, avvenuta solo il 30/12/2021 con gli scenari che poi si sono aperti.

Attualmente i committenti Condomini (e più precisamente i singoli contribuenti condòmini) possono ottenere lo sconto in fattura dall’impresa che esegue i lavori e questa può cedere il credito senza doverlo usare per pagare le proprie tasse.

Il fatto è che le imprese, nella quasi totalità dei casi, si trovano nell’impossibilità di usare direttamente il credito per le imposte a loro carico e dovrebbero poi esporsi finanziariamente con la rateazione della detrazione negli anni. Discorso simile per i professionisti tecnici.

Come procedere allora in una situazione simile?

Il consiglio è quello di inviare un’informativa dettagliata sugli effetti dell’articolo 28 del Decreto Ristori Ter 4/2022 a tutti i condòmini e convocare un’assemblea per assumere eventuali decisioni.

All’assemblea vanno convocati imprese e professionisti e almeno un istituto di credito, in modo che siano chiare le possibilità concrete a oggi, in attesa di eventuali modifiche.

Le ipotesi da vagliare e su cui decidere saranno:

1- l’impresa fa ancora lo sconto in fattura perché ha la possibilità concreta di ceder il credito a sua volta (prima e unica cessione);

2- l’impresa acquisisce il credito e lo usa in prima persona per le sua imposta (ipotesi plausibile solo per grandi utility come l’Eni o A2A come si diceva);

3- i condòmini decidono di utilizzare il credito fiscale direttamente nella propria dichiarazione dei redditi ma occorre che le spese vengano anticipate subito;

4- i condòmini cedono il credito direttamente a una banca che finanzia l’operazione. In questo caso ci dovrà essere l’assicurazione dell’Istituto su tale possibilità alla luce delle nuove disposizioni.

Superbonus e cessione del credito per spese sostenute in più anni: cosa si può fare?

Cosa accade nel caso in cui il primo SAL emesso si riferisca a spese sostenute in due anni differenti?

La tematica della cessione del credito è stata da poco “stravolta” con il Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto “Sostegni-Ter”). Diversamente da quanto fatto finora, infatti, dal 2022 in poi il credito potrà essere ceduto soltanto una volta e non più illimitatamente.

A spiegare però come procedere è l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 56/2022.

In risposta al quesito posto dal proprietario di un fabbricato residenziale unifamiliare, con accesso indipendente, iscritto nella categoria catastale F2 – Fabbricati collabenti, dotato di impianto di riscaldamento.

Su tale edificio sono in corso i seguenti lavori:

· coibentazione delle superfici opache disperdenti per una superficie maggiore del 25 per cento dell’involucro disperdente;

· sostituzione serramenti;

· sostituzione di impianto di riscaldamento con caldaia ibrida;

· installazione di impianto solare fotovoltaico.

Tutti gli interventi in questione rientrano tra quelli ammessi alla detrazione per il Superbonus, ai sensi dell’articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020.

Però, l’istante intende avvalersi della cessione del credito: dopo aver versato degli acconti nel 2021, a causa di ritardi nelle forniture, il suo primo SAL sarà emesso nel 2022 riferendosi sia alle spese sostenute nel 2021 che nel 2022. È quindi possibile cedere, a un istituto di credito, le spese sostenute a cavallo di due anni (2021-2022) e riferite ad un unico SAL?

Prima di fornire una risposta, l’Agenzia delle Entrate ricorda che il Superbonus consiste in una detrazione, nella misura del 110 per cento, delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica (inclusa l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici) nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.

Esso è disciplinato dall’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e da ultimo modificato, dall’articolo 1, comma 28 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022)

Tali disposizioni affiancano quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni spettanti per:

· interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. “ecobonus”), come previsto dall’art. 14 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.;

· interventi di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici (cd. “sismabonus”), come previsto dall’art. 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.

Sempre l’art. 121 stabilisce che i soggetti che sostengono spese per gli interventi indicati al comma 2, possono optare, al posto dell’utilizzo diretto della detrazione:

· per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, (cd. sconto in fattura);

· per la cessione di un credito d’imposta di importo corrispondente alla detrazione per le spese sostenute, ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari.

Poi si ricorda che, come disposto dall’articolo 14, comma 1, lett. d) del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 7 marzo 2018, n. 49 “Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione», lo Stato Avanzamento Lavori «riassume tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora. Tale documento, ricavato dal registro di contabilità, è rilasciato nei termini e modalità indicati nella documentazione di gara e nel contratto di appalto, ai fini del pagamento di una rata di acconto; a tal fine il documento deve precisare il corrispettivo maturato, gli acconti già corrisposti e, di conseguenza, l’ammontare dell’acconto da corrispondere, sulla base della differenza tra le prime due voci».

Fatte tutte queste premesse:

· l’opzione dello sconto in fattura può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori (SAL);

· per gli interventi ammessi al cd. Superbonus, gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento dell’intervento.

L’agenzia delle Entrate specifica che il 30% può riferirsi anche ad interventi realizzati in periodi d’imposta diversi.

Quindi, nel caso in esame, dato che il primo SAL sarà emesso nell’anno 2022, sarà possibile esercitare l’opzione per la cessione del credito corrispondente al Superbonus solo qualora il predetto SAL si riferisca ad almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo.

Con il SAL emesso verranno rendicontati:

· il corrispettivo maturato fino a quel momento;

· gli acconti già corrisposti e, di conseguenza, l’ammontare dell’acconto da corrispondere.

Sulla base della differenza tra le prime due voci, la cessione del credito potrà essere esercitata solo per l’importo corrispondente alla detrazione spettante con riferimento agli importi pagati nell’anno 2022, in applicazione del cd. criterio di cassa.

Quindi per usufruire la cessione del credito:

· il SAL dovrà essere riferito ad almeno il 30% dei lavori;

· le spese che rileveranno per l’importo della detrazione saranno quelle riferite all’anno in cui il SAL viene emesso, quindi quelle documentate nel 2022.

Per gli acconti corrisposti nell’anno 2021, invece, l’Istante potrà fruire del Superbonus nella dichiarazione dei redditi relativa a tale periodo d’imposta ed eventualmente, optare per la cessione del credito corrispondente alle successive rate di detrazione non fruite.